La Ghiandaia appartiene all’ordine Passeriformes, famiglia Corvidae. Di medie dimensioni (33-34 cm di lunghezza corporea, 54-58 di apertura alare e circa 31 di becco), la Ghiandaia è un uccello schivo, che raramente si fa osservare per lungo tempo. Il suo piumaggio è tuttavia molto appariscente e l’identificazione anche a grande distanza è semplice. In volo (piuttosto pesante) appaiono evidenti il groppone bianco, la coda nera, le macchie bianche e azzurre sulle ali sfrangiate; posata, sono molto visibili la cresta bianca e nera sulla fronte, una sorta di baffo nero, il corpo marrone e ancora la fascia azzurra striata di nero sulle ali. Da vicino è evidente l’iride di colore azzurro brillante. I sessi non sono distinguibili. Le ghiandaie sono molto vocifere: è frequente sentire echeggiare nei boschi il loro tipico richiamo, un aspro “ksaaach”, che spesso causa il panico tra gli altri uccelli (nel periodo riproduttivo, infatti, le ghiandaie si nutrono talvolta di uova e nidiacei). Sanno anche imitare perfettamente la voce di poiane e astori, loro predatori. La Ghiandaie si riuniscono spesso in gruppetti, solitamente poco numerosi ma molto chiassosi. Il sistema sociale della specie non è strettamente territoriale, persino nella fase riproduttiva (Rolando, 1995).
GHIANDAIA: Habitat e areale di diffusione
La Ghiandaia è il Corvide del bosco. Predilige soprattutto i complessi boscati di latifoglie, in particolare quelli mature e di una certa estensione, con dominanza di specie del genere Quercus: Rovere, Farnia, Leccio, Roverella, ecc. (Rolando, 1995); la Ghiandaiasi può osservare spesso nelle faggete, nei castagneti, nei querceti, ma anche in grandi parchi ricchi di vecchi alberi. Dotata di una buona flessibilità, frequenta comunque svariati tipi di habitat. In periodo non riproduttivo visita anche le zone di aperta pianura, non allontanandosi però mai troppo dal bosco. La Ghiandaia ha una vera e propria passione per le ghiande (da cui il nome), che nasconde frequentemente nel terreno come dispensa per la stagione fredda; spesso però dimentica dove le ha seppellite, favorendo così la dispersione dei frutti e la crescita di nuove piante. Fuori dall’epoca di fruttificazione autunnale, è invece estremamente adattabile ed opportunista: non disdegna semi di varia natura (grano, avena, orzo e mais) e prede animali (invertebrati, rettili, uccelli e anche piccoli mammiferi). Nidifica in tutta Europa, eccezion fatta per l’estremo nord. Oltre a migrazioni parziali, la Ghiandaia compie spostamenti a carattere invasivo, legate alle variazioni nelle risorse alimentari (Fornasari et al., 1992). In Italia è stazionaria nidificante, migratrice parziale (le popolazioni settentrionali migrano verso sud) e svernante; la Ghiandaia è diffusa lungo tutta la penisola, ovunque trovi disponibilità di ambienti idonei alla riproduzione, fino a 1700-1800 m s.l.m.: è ad esempio più frequente lungo la fascia prealpina e la catena appenninica, dove la copertura boschiva è maggiore, molto più localizzata nella Pianura Padana e nel Salento. Il massimo numero di catture corrisponde ai mesi della tarda estate e dell’autunno (fine agosto-novembre), concentrato nelle stazioni delle regioni centro-settentrionali (Macchio et al., 1999).
GHIANDAIA: Dimensione e andamento delle popolazioni
La Ghiandaia è uno dei Corvidi più comuni; in Europa sono stimate tra i 5 e i 22 milioni di coppie nidificanti, la maggior parte delle quali (1-10 milioni) sono presenti in Russia; in larga parte le popolazioni europee sono stabili, se non localmente in moderato aumento. In Italia la stima è di 50.000-200.000 coppie nidificanti, con probabile tendenza alla stabilità. Le popolazioni del nostro Paese sono generalmente residenti; non è possibile ottenere una stima dei contingenti svernanti sul territorio nazionale.
GHIANDAIA: Conservazione e gestione
La Ghiandaia non è minacciata né sottoposta a particolari vincoli di tutela. La conservazione della specie è legata alla presenza di formazioni forestali di una certa entità ed è quindi influenzata negativamente dai continui disboscamenti, soprattutto nella fascia planiziale (Brichetti & Fasola, 1990). Sono noti casi di danni arrecati dalla specie alle colture, ma non in misura tale da giustificare abbattimenti per il controllo delle popolazioni (Rolando, 1995).
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