Caccia: Contributo alla causa della caccia di Pasquale Cinquegrana.
L’altro giorno mi è capitato sott’occhio un vecchio numero de: Il cacciatore italiano, in cui si ricordava la figura di Indro Montanelli da Fucecchio, il quale oltre ad essere abile con la doppietta, era un maestro di giornalismo inarrivabile, una penna implacabile e pungente al servizio del cittadino e della verità, uomo di cultura e di onestà intellettuale al di sopra delle parti, e scusate se è poco, visto che nel nostro paese è difficile se non impossibile essere una voce fuori dal coro, e guadagnarsi stima incondizionata da parte di tutta la politica e la società civile italiana.
Tutto questo gli è valso nel 1998 il riconoscimento di “Gentiluomo cacciatore”. Da qui a ricordare uomini che lo hanno preceduto come M. Rigoni Stern, e succeduto come A. Ponce De Leon il passo è stato breve, senza nulla togliere agli altri stimatissimi “Gentiluomini” che sicuramente con il lavoro e le loro attività di pertinenza, anche grazie alla notorietà in tutto il paese per i meriti acquisiti, hanno tenuto alto i principi di etica venatoria portando ulteriore lustro al buon nome della caccia.
La mia non vuole essere la celebrazione di un premio e/o dell’associazione che comunque sia, meritoriamente lo assegna ma unicamente di uomini, di quegli uomini che fanno parte del nostro background venatorio, si uomini e che uomini, il nostro retroterra non solo fatto di esperienze personali nel suo complesso circostanziali ma di uomini che ci arricchiscono con il loro carico di cultura, di alta moralità e di grande esempio per la società civile, fieri di imbracciare una doppietta. La dimostrazione che la mia non vuole essere puro servilismo a questo premio che porta onore e oneri a chi lo riceve, peraltro non debbono essere necessariamente federcacciatori per essere premiati, come dicevo la dimostrazione consiste nell’accostare ai già citati “Gentiluomini cacciatori” altri gentiluomini di fatto, anche se non premiati, (ne cito alcuni, perché la lista sarebbe fortunatamente lunga) Ettore Garavini, Vincenzo Celano, Pietro Geronzi, Giorgio Gramagnini, Giacomo Cretti ecc. (mi perdonino i tanti, tantissimi che non nomino, anche perché non li conosco tutti) E anche fra coloro che ho citato, di alcuni ne ho apprezzato le qualità, gli altri li conosco per la loro fama e per i commenti di stima che spesso mi è capitato di leggere.
Come si può notare tutti coloro citati compresi i primi 3 hanno un’altra arma con cui si cimentano, un’arma che non è da tutti usare con tanta maestria: La penna, questi signori e i tantissimi non citati hanno fatto la storia della caccia italiana, per la precisione la storia bibliografica della caccia italiana, trasferendo in tomi i racconti, le tecniche venatorie, cinofile, balistiche e chi più ne ha più ne metta, ma quello che è più straordinario a ben pensarci, è che questi uomini hanno dato voce ai milioni e milioni di anonimi cacciatori, i nostri avi, gli avi di tutti i cacciatori italiani, quei cacciatori che prima di noi pur vivendo quelle stesse esperienze di caccia, anche se con ben altri strumenti tecnologicamente meno avanzati dei nostri e con gli stratagemmi più disparati, nel tempo li avevano portati essere dei maestri venatori. Innegabilmente con il trascorrere degli anni ci son capacità che entrano a far parte del bagaglio personale di ogni singolo cacciatore, ma è altrettanto innegabile che non tutti son avvezzi alla scrittura, si rischiava di far perdere un bagaglio di cultura venatoria impagabile, che grazie a questi fuoriclasse della penna e della macchina da scrivere, conserviamo una memoria storica, un patrimonio di etica e di cultura venatoria irrinunciabili.
Siamo e saremo sempre grati per quello che hanno vergato e continueranno a fare tutti coloro che posseggono questa preziosa magia nel comporre melodie letterarie. Bene! questo è il nostro retroterra culturale, che forse, poche categorie di uomini possono vantare, ciò non ostante rischiamo di scomparire. Devo confessare che tutto ciò è stato propedeutico a qualcos’altro che mi sta a cuore. Con questo vorrei citare un altro “gentiluomo” nell’animo, forse meno noto ma non di meno capace di lasciarci in eredità i suoi taccuini, questi ultimi a mio modesto avviso potrebbero rivestire un ruolo di primaria importanza, per la difesa e la salvaguardia della caccia nel nostro paese, e mi riferisco ad Antonio Pinotti. (per una volta derogo dal “mio” modo rispettoso e poco convenzionale di citarlo, consentitemi un nota personale, spero che la FIDC voglia prendere in esame un conferimento postumo per il compianto Antonio, già federcacciatore emerito 2008) Fermo e convinto assertore della cultura rurale, quanto umile, tenace e implacabile difensore di una delle figlie di quest’ultima: La caccia, non ha esitato a percorrere in lungo e in largo l’Italia (isole comprese) per correre al suo capezzale ogni volta che ve ne fosse richiesta la sua insostituibile opera. Intendiamoci! con questo non sto cercando di farlo assurgere agli onori degli altari, probabilmente anche lui avrà avuto i suoi peccatucci, (come tutti noi comuni mortali) e avrà errato in qualcosa, ma son certo che se sarà successo è stato in perfetta buona fede e per il troppo amore per la sua “creatura”. Non ha esitato nemmeno benedire Il partito C.A. purché si faccia tutto quanto in nostro potere per portare un po’ di serenità nel “nostro” mondo, pur essendo un fautore di un’unica associazione. E qui veniamo alla nota dolente, il partito.
Prima vorrei fare una veloce cronistoria. Fino ad alcuni mesi fa sui “nostri” portali ci sono stati fra noi dei convinti oppositori del partito dei cacciatori e per la precisione di C. A., molti di questi, adducendo anche i propri convincimenti suffragati da teorie sul fallimento del suddetto, proponendo a loro volta un movimento, nella fattispecie il movimento della cultura rurale e delle altre realtà connesse ad essa, con delle idee associative che sicuramente trovavano il mio favore, dal mio punto di vista una cosa non escludeva l’altra. (di quest’ultima mia considerazione credo di poter dire ne avesse già intravista la possibile convivenza (prima di me) anche A. Pinotti ne sono testimoni i suoi taccuini) Salvo poi improvvisamente derogare da questi convincimenti e pur continuando a portare avanti il movimento, e sulla scia di un nascente secondo partito politico (C.R.C.A.) decidono di portare sulla scena un terzo soggetto politico o pseudo tale, a mio modo di vedere in modo del tutto strumentale, atto a far confluire i voti di tutti nel loro primario partito di riferimento, della serie: divide et impera, a cui aggiungo: Cui prodest? Di sicuro ai nostri nemici! (di certo non a noi cacciatori) e a qualcuno a mantenere inviolato il suo piccolo regno. Sui “nostri” portali sono rimasti pochi altri soloni della critica feroce, del disfattismo totale, a questi signori chiedo quale altra alternativa abbiamo, se loro ne conoscono qualcuna, facessero precise e chiare proposte, e non dell’inutile e sterile polemica, convincetemi che c’è un’altra strada percorribile vi seguirò ad occhi chiusi, altrimenti dovrò pensare che ce qualcuno dietro di voi a padroneggiare il legnetto con le corde che vi sorreggono, (marionette) e finché non sarete in grado di fare questo io sono e sarò per C.A. che tra mille sacrifici e con la sola forza dell’auto finanziamento sta provando a dare una svolta alla storia del mondo venatorio nel paese, ogni ulteriore adesione lo renderà sempre meno piccolo e vulnerabile. Se nella malaugurata ipostesi si avverassero le vostre tetre previsioni, che posso dire; la colpa sarà stata solo nostra, ed è stato bello sognare per qualche giorno.
Perdonatemi se l’esposizione è molto semplice e magari in qualche passaggio anche imperfetta, ma è dettata dalla ragione e dal cuore di un umile cacciatore. Dalla ragione per la volontà di voler fare qualcosa di propositivo e di concreto, dal cuore per l’amore che mi lega a questo nostro modo di approciarci alla natura e aver conservato nel nostro DNA la memoria del nostro ciclo evolutivo. Voglio solo fare un ultima considerazione in merito al taccuino lasciatoci in eredità da A. Pinotti, sono in attesa di qualcuno che lo raccolga, vi potreste chiedere: (chi non mi conosce) visto che ne apprezzi i lavori e lo citi spesso, perché non tu? Per una ragione molto semplice, non ho la sua statura culturale e intellettuale, al massimo potrei essere un buon soldato, ed è meglio un buon soldato che un pessimo comandante.
“Gatto del Cheshire,” chiese Alice. “Mi diresti per favore, che strada devo prendere per andarmene da qui?” “Dipende molto da dove vuoi andare,” disse il Gatto. “Non mi importa molto il dove,” disse Alice. “Allora non importa quale strada prendi,” disse il Gatto. Charles “Lewis Carroll” Dodgson
Pasquale Cinquegrana