Io non ce l’ho col lupo. Mio figlio si chiama Fabrizio Paolo Lupo. Sono romanista e mi riconosco nel simbolo di Roma ( e della Roma). Canto volentieri: “So’ finiti/I tempi cupi/Forza Roma/Forza Lupi”. E nel secolo scorso ero anche Figlio della Lupa. Quindi il mio dito non lo metterò nell’occhio di nessun lupo, ma piuttosto in quello di chi vuol farci credere che il lupo sia una specie divina, intoccabile, cui va perdonato tutto, al contrario di quello che avviene per tutte le altre specie opportuniste, come la volpe, la cornacchia, la nutria. Il discorso poteva valere negli anni ’70, quando di lupi in Appennino ce n’erano 400 e non di più (sempre il doppio dei camosci d’Abruzzo!). Poi si è scoperto che il lupo poteva anche rendere. Vorrei sapere quanto è stato incassato (e da chi) per i vari progetti finanziati dall’Europa. E così il lupo è diventato santo. E’ uscito dalla favolistica popolare, non è più la belva che assaliva le fanciulle col cappuccio rosso, che negli inverni freddi e nevosi grattava alla porta delle stalle e persino delle case d’Abruzzo facendo gelare il sangue ai poveri cristiani. Non è più la belva che i lupari insidiavano imitandone l’ululato per esibire poi sul carretto, di paese in paese, la carcassa del lupo ucciso, e raccogliere cacio, farina, vino e agnelli. Ed io in una notte di luna dei primi anni ‘50, accovacciato in una buca nella neve nella piana di Magliano dei Marsi, sparai ad un lupo richiamato dal luparo. Allora si poteva. Come ho detto più sopra, ad un certo punto, il lupo è diventato un affare ed ha trovato protezione. Anzi, il massimo di protezione. Fin qui, niente di male. Poi è successo che con l’abbandono della collina e dei rilievi, il bosco ha preso il posto dei coltivi, altre specie come il cinghiale, il capriolo, il daino e persino il cervo e il muflone hanno avuto una crescita esponenziale. Sono aumentate le possibilità alimentari e anche la specie lupo ha avuto una crescita improvvisa. Aggiungi poi che ben noti recinti che ospitavano i lupi sono stati via via aperti lasciando che animali nati in cattività prendessero la via.
Qualche ibridazione con cani rinselvatichiti c’è stata, col risultato che Fratello Lupo, che fino a qualche anno fa temeva l’uomo e si lasciava difficilmente vedere (e lo testimonio io che negli anni ’70 ho passato notti all’addiaccio nella vana speranza di riprenderlo) oggi me lo vedo scendere trotterellando tranquillamente dai calatoi del cinghiale quando sono appostato per la caccia di selezione. E’ facile vederlo nei pressi degli immondezzai a cielo aperto e persino nelle periferie delle città. Nonostante la sua recente espansione, comunque, il lupo appenninico non ha mai raggiunto le Alpi. Checché se ne dica. Fino a poco fa le sue tracce si fermavano tra la Garfagnana e la Liguria. Poi di nuovo le ritrovavamo al confine con la Francia, tra le Alpi Marittime e la provincia di Cuneo. E’ il lupo alpino, chiamiamolo così. E’ dalla Francia che è partito, e più esattamente dal Mercantour. Da lì ha colonizzato quasi tutto l’arco alpino, in particolar modo in Piemonte, poi anche in Lombardia, in Svizzera e persino in Austria. Ma faceva comodo dimostrare il successo delle iniziative, ben pagate, in difesa del lupo appenninico.
Ambientalisti e ricercatori hanno così sostenuto che questa recente invasione è la prova del buon esito del loro lavoro, e che queste sono calunnie. Ma quanti sono i lupi in Italia? Il massimo esperto italiano, il prof. Luigi Boitani., in un’intervista del 14 gennaio scorso, ha risposto più o meno così: non si sa. Esistono solo stime locali. Ma come? Sono 40 anni che studiano i lupi, li contano, li misurano, li seguono nei loro spostamenti, li censiscono con i loro ridicoli wolfhowling ( i versi che facevano i lupari) spendendo milioni di euro di fondi europei, e ora non si sa quanti siano? E tutte le cifre che annualmente il WWF sbandiera sui giornali e sui siti? Cifre inventate? Nel 2010, Franco Zunino, che di lupi se ne intende, tentò una stima, mettendo insieme dati ufficiali, natalità accertata e morti presunte. Facendo un calcolo al ribasso riteneva che non fossero meno di 4 mila e cinquecento. La professoressa Francesca Marrucco, afferma in un’intervista che i lupi delle Alpi provengono dalla Francia (ma guarda, anche lei?)e stima all’11 per cento la loro crescita annua. Ma allora si sa quanti sono ‘sti lupi o non lo si vuole dire? Comunque sono tanti, troppi, se solo sulle strade del Piemonte ne sono morti 60, le fototrappole posizionate agli insogli testimoniano sempre più spesso l’aggressione del lupo ai giovani cinghiali. Di pecore sgozzate ne sono state contate migliaia, per causa loro molti allevatori e malgari hanno sospeso la loro attività, gli incontri casuali di escursionisti e fungaioli sono sempre più frequenti. Le autorità francesi, per tentare di risolvere il problema, importarono in un primo tempo i cani pastori abruzzesi-maremmani nel tentativo di difendere le greggi, poi sono arrivati ad autorizzare alcuni abbattimenti.
In Svizzera si spara al lupo e lo stesso in Austria. Altra domanda a Boitani: ma sono in espansione? La risposta: in Appennino no, ma sulle Alpi sì. Ma come mai, viene da chiedersi? Se sono tutti di origine appenninica (secondo la vulgata pseudo-scientifica) la libido di quelli rimasti a casa è calata, mentre quella degli alpini è in aumento? Ma se è così, beh, l’anno prossimo ce ne andiamo anche noi tutti al Sestrière. Ma non è che sotto sotto finalmente Boitani ammette che si tratta di due popolazioni diverse? L’intervista è stata pubblicata il 13 gennaio scorso. Meno di dieci giorni dopo, il 22 gennaio, a Cuneo si è svolto un importante convegno, nel corso del quale il professor Boitani, l’Unione Zoologica Italiana, e il rappresentante del WWF piemontese Riccardo Fortima, hanno aperto uno spiraglio: in un prossimo futuro si dovrà prendere in considerazione la gestione della specie lupo, ma in misura non superiore al 5 per cento della popolazione stimata. Devo dire che già nell’ottobre del 2014, sempre in un’ intervista, lo stesso prof. Boitani disse che bisognerebbe prevedere un controllo numerico anche sulla popolazione dei lupi. Credo alla sua buona fede, che lo metterà presto in conflitto con ENPA, LAC, LAV, e tutte le sigle dell’ambientalismo nostrano. Ma uno spiritello mi suggerisce un pensiero maligno. Ma non sembra una risposta politica alle richieste degli allevatori, dei malgari, delle organizzazioni sindacali degli agricoltori, al “furor di popolo”? Una risposta politica “messa al sicuro” dalla dichiarata impossibilità di censire le popolazioni di lupi? Professor Luigi: dimmi di no!