Fiocchi Performance HP – Rovistando nelle vecchie cose della caccia il calibro 28/70 è per noi una costante a partire dagli inizi della passione a metà degli Anni 50 con una bella doppiettina belga a cani esterni così camerata con cui un fervido cultore del capanno ci aveva iniziati a questa caccia tanto affascinante. Avevamo all’epoca i due estremi rappresentati dal parallelo del nonno, un Sauer del 12, e un monocanna Beretta in 9 Flobért quindi il 28 si inseriva in un giusto mezzo e a noi, digiuni di balistica, mostrava quanto fosse adeguato in quei tiri a medio breve distanza sui rami di buttata.
Con l’avanzare dell’età, il primo Maestro lasciò la cattedra al mitico Costantino, bresciano trapiantato nel torinese, con un’arte sopraffina anche nell’allevamento dei richiami, allora permessi. Le frequentazioni al capanno divennero un impegno fisso e acquistammo un monocanna di tale calibro presto sostituito da un sovrapposto, le due canne erano una soluzione di ben diversa caratura, e quel 28 è rimasto in rastrelliera come in un armadio rimane quella vecchia borsa in cui abbiamo rovistato e da cui saltano ancora fuori il falcetto Marietti, gli appendini in cordoncino ritorto o in plastica, la passerera, incredibile attrezzo formato da tanti spezzoni di camera d’aria da bicicletta chiusi al fondo da un blocco a vite e in testa da tanti fischietti di ottone: l’arte stava nel muovere il polso, in modo da non stancare l’avambraccio, e far emettere un concerto di pigolii a cui molti uccelletti, passeri innanzitutto, credevano con fiducia e curiosità; ci sono ancora alcune cartucce caricate da un armiere di Provaglio di Iseo con pallini dell’11 e del 12 che qui non erano adottati da alcuno.
Il perché di tutto questo preambolo sta nella produzione attuale di cartucce per questo calibro il cui impiego si è felicemente esteso dall’originaria insidia a fermo agli uccelletti alla più classica delle caccie vaganti: quella con il cane. Ci pare che si debba esser grati all’inventiva statunitense se anche da noi l’uso dei piccoli calibri, in particolare il 28 e il .410 Mag., si è diffuso toccando ogni genere di caccia: va da sé che solo certuni possano affermare di ottenere successi anche sulle oche a cui mirano alla testa con pallini non grossi così da infittire la rosata (bravi, anzi bravissimi) con esiti che non esitiamo a definire mirabolanti, mentre i più si accontentano di esiti favorevoli, e ripetuti in percentuali elevate, sulla stanziale.
La Fiocchi Performance HP
Abbiamo avuto agio di provare questa recente cartuccia della Casa di Lecco sia in un sovrapposto Beretta Mod. 690 Field I che in un Benelli Ethos camerato per il 28 Magnum e in cui abbiamo alternato le Fiocchi 28/76 con queste: il salto di grammatura è marcato passando dai 33 g ai 24 g (- 27,3%), ma ha giocato favorevolmente la sezione dei pallini che passa dal 7 al 5 della numerazione inglese quindi da 2,5 a 2,9 mm. Nel semiauto, dotato oltretutto del calciolo ad assorbimento di energia, il rinculo era già inavvertibile con le Magnum per cui con queste è davvero un piacere sparare anche per un ragazzino. Nell’AFV di Arborio, ma ugualmente con il sovrapposto da 2.800 g si passeggia in scioltezza: merito dell’equilibrio della polvere che assicura una notevole accelerazione senza imporre picchi pressori fastidiosi, e della borra contenitore PLC* con pistone ammortizzante per mantenere integri i pallini nel percorso di canna, evitando strisciamenti sulle pareti o schiacciamenti dallo stato di quiete all’avvio.
Gli esiti sono stati più che favorevoli, anche a congrue distanze fra i 25 e i 30 m dove i pallini del 5, puntualmente presenti nella sagoma del selvatico, consentono abbattimenti istantanei come verificato su grossi fagiani, pernici chuckar e anche una minilepre che ci aveva rubato la prima canna, ma a cui son stati fatali i 24 g del 5 indirizzati con la seconda. Un’ottima scelta, per concludere, queste HP Performance che lavorano a perfezione con la grammatura più classica di questo calibro che ci appare sempre più appassionante.