Con la Sentenza sul ricorso del 2019 al C.V. dell’Associazione Verdi Ambiente e Società – V.A.S., il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia ha fissato una serie di punti di assoluto rilievo a difesa delle autonomie regionali in campo venatorio. Difficile commentare una sentenza ampia e articolata di poco meno di 50 pagine in poche righe, dopo una vicenda processuale assai travagliata e complessa, che ha visto Federcaccia e il mondo venatorio presentarsi in sede cautelare tre volte dinanzi al TAR e due volte dinanzi al Consiglio di Stato.
Al termine di questo percorso, la Sentenza pubblicata ieri, dopo aver analizzato punto per punto i diversi rilievi giudiziari sollevati dall’associazione Vas, nonché evidenziato tutte le risposte e le prese di posizione della Regione Puglia e delle Associazioni Venatorie, in primis della Federcaccia, più volte citata, ha riconosciuto l’autonomia amministrativa e decisionale della Pubblica Amministrazione, in questo caso la Regione Puglia, rispetto ad altri Enti, fissandone i limiti entro i quali possono intervenire. Di particolare rilevanza è che:
– il ruolo dell’Ispra è limitato a solo supporto tecnico scientifico delle Regioni, che possono discostarsi con proprie motivazioni supportate da dati scientifici;
– il parere dell’Ispra è obbligatorio, ma non vincolante;
– i periodi di legittimo esercizio venatorio sono quelli fissati dall’art. 18 della Legge 157/1992;
– nelle aree contigue la caccia è esercitabile;
– i piani faunistico venatori prorogati con atto amministrativo sono validi se non tempestivamente impugnati;
– l’utilizzo delle munizioni di piombo non è vietato nella caccia agli ungulati;
– la mobilità venatoria è rimessa alla legislazione regionale;
– le botti in vetroresina sono appostamenti temporanei a tutti gli effetti.
In breve, le argomentazioni giuridiche formulate dalla Federazione Italiana della Caccia sono state condivise dal TAR Puglia con questa Sentenza, che rende giustizia e respinge tutte le censure formulate dalla VAS e che i giudici giustamente hanno tacciato di meri auspici da inoltrare semmai in sede politica, ma non in sede giudiziaria.
“Sono ovviamente soddisfatto di questo risultato” ha commentato il Presidente nazionale Massimo Buconi. “La sentenza rappresenta, come già quella ben più importante del TAR Marche del 31 luglio scorso, solo una battaglia vinta, ma dà ulteriore sprone all’agire della Federazione, impegnata strenuamente nella difesa dei diritti dei cacciatori sia sul piano legale che su quello tecnico scientifico.
Un particolare ringraziamento va all’Avvocato Alberto Maria Bruni, dello studio legale Morbidelli Bruni Righi Traina e Associati di Firenze, che come sempre ha dettato la linea giuridica del nostro intervento, e agli altri avvocati che a livello regionale lo hanno affiancato. A questo risultato però hanno concorso in maniera fondamentale ancora una volta gli studi forniti dalla Federcaccia e in particolare da Michele Sorrenti del nostro Ufficio Studi e Ricerche, dimostrando se mai ce ne fosse ancora bisogno, che l’investimento in termini umani ed economici in questo settore è l’unico che può garantirci di combattere con armi adeguate i continui attacchi alla caccia. Un ringraziamento particolare va alla Regione Puglia e ai suoi uffici tecnici per l’ascolto dimostrato al lavoro di Federcaccia e la volontà di tutelare l’attività venatoria nel rispetto delle leggi. Un grazie, infine, alla nostra dirigenza territoriale, uno per tutti il presidente regionale Giovanni Ciccarese, per la tenacia e la dedizione posta a tutela dei suoi iscritti e in generale dei cacciatori pugliesi”.