Ancora proteste animaliste per la riapertura della caccia di selezione al capriolo decisa dalla Regione Liguria per regolare l’eccessiva presenza di ungulati rendendola compatibile con le risorse offerte dal territorio e in equilibrio tale da non entrare in competizione con altre specie selvatiche o costituire un rischio per le attività umane. Enpa, con i soliti toni da tragedia, parla di “bagno di sangue” e “strage”, lamentando il numero degli abbattimenti previsti e i rischi, a loro dire, per escursionisti e amanti delle passeggiate in bicicletta. L’associazione animalista non conosce o fa finta di ignorare che il numero dei selvatici da prelevare è fissato basandosi su calcoli estremamente prudenziali dai tecnici dell’Ispra e gli oltre 1200 capi previsti sono quindi una percentuale minima del totale di caprioli presenti sul territorio.
Un territorio che non può permettersi, per le più svariate ragioni, di sopportare la pressione da questa esercitata sulle specie arboree naturali, su molte altre specie animali e sulle coltivazioni agricole, fonte di danni che sono concreti e assai pesanti, non certo “presunti” come dichiarato da Enpa. Il mondo venatorio è ben lieto di contribuire con la propria azione a tutelare il lavoro e il reddito di migliaia di famiglie di agricoltori e risparmiare spese a tutta la collettività. Quanto ai timori che l’associazione vorrebbe instillare nei cittadini riguardo rischi e pericoli per la salute pubblica, giova ricordare che la caccia di selezione viene praticata a singolo, da un appostamento fisso, su ampi prati e spazi aperti, dopo attente osservazioni con il binocolo per “scegliere” il selvatico da prelevare e sparando un solo colpo con una carabina mirando attraverso ottiche di precisione. Il tutto, per di più, limitato a poco più di un’ora all’alba e al tramonto.
Ci sono tutte le premesse e vengono applicate tutte le cure e le attenzioni necessarie per ridurre veramente al minimo l’eventualità di rischi per eventuali escursionisti e ciclisti, soliti per altro a frequentare altre zone di quelle interessate, così come a persone impegnate in altre attività all’aria aperta. Pieno appoggio alla Regione Liguria dunque, che invece di lasciarsi trascinare in sterili e inutili polemiche ha deciso di applicare un metodo di gestione della fauna riconosciuto valido e sostenibile da tecnici e scienziati di tutto il mondo non esistendo, con buona pace degli animalisti, soluzioni “ecologiche” valide, se non nelle loro fantasie.