Ancora una volta come Federazione Italiana della Caccia, siamo costretti a chiedere di poter rispondere attraverso le pagine del suo giornale ai contenuti di due articoli a firma Jacopo Zuccari, apparsi nell’edizione di domenica 29 e in quella di lunedì 30 settembre. Ci limiteremo a rispondere nello specifico per ciò che ci vede coinvolti come cittadini cacciatori, anche se in realtà, molte altre affermazioni riportate sarebbero discutibili. Gli articoli avevano per tema la proposta di legge presentata dal consigliere regionale Federico Talè volta al contenimento dei lupi, riportando rispettivamente le reazioni del consigliere regionale Sandro Bisonni, dei Verdi, e una nota congiunta delle varie associazioni ambiental-animaliste delle Marche.
Nelle sue parole, così come riportate in un virgolettato nell’articolo citato, Bisonni parla ancora una volta di “caccia” al lupo, ingenerando nei lettori meno informati, l’idea che si voglia reintrodurre il lupo fra le specie cacciabili. È pura accademia pensare che questo possa accadere in Italia, per una specie protetta a livello internazionale come il lupo. Nel caso si parlerebbe dunque di “prelievo”, non di caccia. La distinzione a molti può sfuggire, ma è fondamentale. In ogni caso, quello che conta in realtà, per citare quanto già detto qualche mese fa sull’argomento e per affermazioni analoghe, dal presidente regionale di Federcaccia Paolo Antognoni “a nessun cacciatore interessa che il lupo sia cacciabile”.
Accostare “lupo” e “caccia” serve solo a preoccupare e indignare l’opinione pubblica affinché influenzi le decisioni che la politica dovrà prendere in merito. Quindi, una ben riuscita “campagna pubblicitaria” delle associazioni protezionistiche, priva però di reale sostanza. Soprattutto perché, questo non viene mai detto, se si arrivasse veramente alla decisione di prelevare uno o due esemplari (questi i numeri di cui stiamo ipoteticamente parlando) non sarebbe mai un cacciatore a farlo, bensì qualche appartenente ai Corpi dello Stato. E passiamo alla nota delle associazioni animaliste. Decisamente contorto il ragionamento che fa loro affermare l’impossibilità di stabilire senza esame del Dna se sia stato o meno un lupo a predare una pecora, ma nello stesso tempo li rende praticamente certi che siano branchi di cani inselvatichiti i colpevoli delle predazioni. E non solo. Questi cani ovviamente per la stragrande maggioranza sono stati abbandonati da cacciatori e allevatori, e loro ne conoscono tutto: dalla razza all’attitudine, quindi da caccia o da guardia, e finanche i loro trascorsi di vita, picchiati e abbandonati perché inadatti allo scopo.
Ci sembra superfluo sottolineare che siamo di fronte a una argomentazione fortemente viziata da una particolare ideologia, decisamente lesiva per ben due categorie di persone. Sarebbe quindi ora che animalisti e protezionisti vari smettessero di fare volutamente confusione e magari anche che i giornalisti che riportano i loro sproloqui si preoccupassero di approfondire la questione (dovere deontologico) e spiegassero ai loro lettori come stanno veramente le cose. O almeno, offrissero entrambe le versioni. Oggi invece, nuovo attacco alla categoria dei cacciatori. Per ciò che ci riguarda, siamo stanchi di subire calunnie e attacchi senza ragione e nel futuro, quando si presenteranno altre occasioni nelle quali si ravvedano gli estremi, non esiteremo a citarli in giudizio. Ma si sa: parlando di natura, per aver ragione basta parlar male dei cacciatori e, in questo caso, di chi per difendere se stesso e il proprio lavoro, chiede solo rispetto e tutela. Ringraziandola per l’attenzione la salutiamo cordialmente confidando ci voglia concedere lo spazio necessario a rispondere a quelle che si possono considerare, ad essere buoni, solo argomentazioni di parte.