È di pochi giorni fa la notizia del ritrovamento di un cinghiale malato di peste suina africana in una zona a Nord-ovest di Roma, che testimonierebbe un pericoloso “salto” della malattia a diverse centinaia di chilometri dal primo focolaio italiano, situato in un’ampia zona fra la Liguria e il Piemonte. La malattia è assolutamente innocua per l’uomo mentre è letale nella maggior parte dei casi per cinghiali e maiali e ciò comporta un serissimo rischio per l’allevamento suinicolo e la relativa filiera che, nel caso di espansione dell’epidemia ne uscirebbero devastati. Anche il mondo venatorio rischia di subire i colpi negativi di questa malattia, infatti, nelle zone rosse, ovvero quelle dove è presente, sono vietate tutte le attività all’aperto, compresa la caccia in tutte le sue forme.
Nell’emergenza, già dalle prime fasi di definizione delle aree infette, si è evidenziata l’insostituibile importanza dei cacciatori sia nelle azioni di ricerca e segnalazione di eventuali carcasse sia nel contenimento numerico dei suidi selvatici, contribuendo così a rallentare il contagio. In Toscana la situazione è tranquilla anche se, con un focolaio a nord e uno a sud della nostra regione, la sorveglianza, come la preoccupazione, è alta. Anche nella nostra provincia il ruolo dei cacciatori e soprattutto delle squadre di caccia al cinghiale è e sarà determinante: questi gruppi organizzati di cacciatori infatti vivono il nostro territorio quotidianamente, anche al di fuori della stagione venatoria, costituendo delle vere e proprie sentinelle capaci di far scattare immediatamente l’allarme nel caso di rinvenimenti di carcasse sospette.
Le squadre inoltre gestiscono i loro territori di caccia mantenendo accessibili le strade di bosco e viottoli che consentono di poter raggiungere anche zone difficilmente accessibili. La Maremma è la patria della caccia al cinghiale in braccata e sul territorio grossetano ancora oggi operano oltre 100 squadre. L’attività venatoria contribuisce a tenere sotto controllo il numero di cinghiali presenti nelle aree a caccia programmata: in Toscana vengono abbattuti ogni anno una media di 70000 cinghiali di cui circa l’80 % attraverso la caccia in braccata. Nell’ATC 7 Grosseto sud, lo scorso anno sono stati abbattuti complessivamente circa 7200 cinghiali di cui 6500 dalle squadre organizzate.
Anche di fronte a questi aspetti però si continuano ad attaccare i cacciatori con fake news e articoli fuorvianti che in molti casi additano questa categoria come responsabile prima dell’aumento dei cinghiali nel nostro paese quando i numeri sopra esposti e le situazioni che si riscontrano dove non viene effettuato un prelievo venatorio (vedi la zona periurbana di Roma) testimoniano un’altra storia. Qualche giorno fa, in un incontro organizzato dalla Confederazione dei Cacciatori Toscani, i responsabili del servizio veterinario regionale hanno incontrato le guardie venatorie della Federcaccia di Grosseto per dare loro le necessarie informazioni per attivare il presidio contro la malattia.
I cacciatori sono pronti e disponibili a dare il loro contributo a fronteggiare la minaccia della PSA anche nella nostra regione. Noi chiediamo certezza del diritto e misure di prevenzione del contagio che non vadano a penalizzare inutilmente la nostra categoria. La caccia al cinghiale in braccata in Maremma è una realtà che va tutelata come componente culturale della nostra terra e come suo insostituibile presidio.