Positivo il primo bilancio sull’operato della più rappresentativa associazione venatoria regionale: a due mesi dall’insediamento del nuovo Consiglio e dall’elezione di Massimo Bulbi alla guida di Federcaccia Emilia Romagna. In un quadro normativo, per quanto rimasto incompleto, che ha portato negli ultimi anni al cambiamento dell’assetto Istituzionale e quindi anche delle competenze in ambito venatorio, spostandole dalle Province alla Regione, assume fondamentale importanza per anticipare e partecipare al processo legislativo avere buoni canali relazionali politici e tecnici.
Si sono così moltiplicati in questo periodo gli incontri istituzionali, fra gli amministratori e gli uffici caccia della Regione Emilia Romagna ed il Presidente Bulbi, con il coinvolgimento dei Presidenti provinciali. Pur non potendo intervenire sul Piano faunistico regionale, così come è stato approvato, Federcaccia ha riportato alcuni apparentemente piccoli ma significativi successi soprattutto sul tema della gestione della fauna problematica e opportunista. Sul piano di controllo della volpe, innanzitutto, Federcaccia è intervenuta per contrastare gli effetti negativi delle proteste montate dal movimento animalista andando a recuperare la possibilità di intervenire nel periodo della trebbiatura.
Un risultato importante soprattutto dal punto di vista del principio e della sostanza, avendo fatto riconoscere alla Regione che il parere Ispra sul quale era basato il divieto non era in realtà vincolante. Acquisita la Delibera sulle cacce in deroga, prosegue il nostro lavoro sulle deroghe, in particolare per portare la distanza prevista dal frutto pendente dagli attuali 100 ai 500 metri e per l’uso del richiamo, consentito per il piccione e non per lo storno, altro caso in cui evidentemente il parere dell’Ispra, essendo difforme non può essere vincolante. Queste richieste sono motivate per rendere più efficace la prevenzione sulle specie in questione, per ridurre i danni in agricoltura.
Altro successo ottenuto è il mantenimento nel calendario venatorio per la prossima stagione venatoria di moriglione e pavoncella, contro la richiesta di divieto di caccia suggerita dal ministero dell’Ambiente. Questo grazie a Federcaccia nazionale e agli studi dell’Ufficio avifauna migratoria FIdC, trasmessi all’Assessore regionale Simona Caselli, che condividendo questa nostra posizione si è fatta carico di ottenere il consenso da parte di tutte le altre Regioni. Consideriamo molto importante poi aver sollevato la questione della “caccia di selezione utilizzata come forma di controllo della specie cinghiale”, una decisione della Regione nei cui confronti abbiamo presentato istanza di annullamento in autotutela facendo nostro il malcontento di molti cacciatori praticanti la caccia al cinghiale in forma collettiva, ma anche di altrettanti selecontrollori che interpretano correttamente la caccia di selezione.
Per Federcaccia, come spiegato anche in precedenti comunicati, tutte le forme di caccia regolarmente riconosciute e legittimamente praticate meritano attenzione, rispetto e tutela e la caccia di selezione e la braccata possono e devono convivere. Ma è sbagliato confondere la caccia con il controllo. La selezione – importantissima per la gestione del territorio e delle specie selvatiche – ha principi e regole che non possono essere fraintese per un impiego così particolare. Siamo lieti che la Regione, che avrebbe potuto revocare quel regolamento, abbia quantomeno dato indicazione agli Atc di rivederne l’applicazione per un corretto impiego della caccia collettiva e di quella di selezione. Intanto nella bozza di regolamento sugli ungulati che si andrà a discutere ad ottobre abbiamo inserito ed avanzato una serie di proposte che vanno nel senso della tutela di entrambe le forme di caccia e del riconoscimento dell’operato delle squadre, a partire da quella in braccata.
Continua inoltre il nostro impegno, per la modifica dell’articolo 19 della 157/92 per giungere a un riconoscimento pieno e chiaro della figura dei coadiutori per le operazioni di controllo e contenimento delle specie selvatiche e questo in perfetta sintonia con gli uffici regionali. Questo è per Federcaccia Emilia Romagna il modo giusto di lavorare e confrontarsi con le Istituzioni: con serietà, fermezza ma anche con la disponibilità e la preparazione atte a risolvere le criticità rilevate. Le proteste da bar o i proclami da leoni da tastiera sui social, non supportate da nessuno spirito costruttivo, le lasciamo volentieri agli altri, sempre più impegnati a contare le tessere che alla reale tutela e soddisfazione della caccia e dei cacciatori.