Con una nota inviata alla Regione Umbria, la Federcaccia regionale chiede una sospensione delle procedure in modo da affrontare le tematiche con maggiore approfondimento e confronto con tutti i soggetti portatori di interesse. Federcaccia precisa altresì che da un primo esame sono sorte forti criticità; in particolare riteniamo che i Piani perseguano soprattutto un’idea di parco quale territorio da proteggere e non da CONSERVARE e da VALORIZZARE. Ne deriva una posizione statica, che non contempla né prefigura un approccio gestionale attivo, un approccio cioè che preveda azioni volte alla conservazione dell’attuale livello di biodiversità, ad esempio tramite azioni su tutti quei fenomeni che potrebbero alterare lo stato ottimale della flora e della fauna, come anche predisponendo progetti atti a recuperare e valorizzare fauna e ambiente.
Da ciò consegue una generale mancanza di gestione ed un’assenza di dati oggettivi, che assume particolare valore affrontando il problema della gestione degli ungulati in genere e, in particolare, del cinghiale: mancano stime sulla presenza del suide, dati geo-referenziati dei danni ecc. Tutte carenze che non consentono, a nostro avviso, un corretto approccio alle varie problematiche, prestando il fianco a interpretazioni di parte e luoghi comuni. Si richiede per tutti i parchi di rivedere i criteri per la tracciatura dei confini, che non può essere un’applicazione pedissequa dei confini delle particelle catastali.
Dovranno invece essere sanciti confini lineari, fisici, orografici naturali, facilmente individuabili, onde evitare di ingenerare confusione inducendo il cittadino all’errore. In merito al piano di gestione dello “Stina”, considerando che nei documenti amministrativi non si parla di “parco” ma di sistema territoriale di interesse naturalistico, risulta assolutamente inaccettabile che nei successivi documenti tecnici si identifichi l’area come “parco”. Pertanto la contraddizione va chiarita ed eliminata, compresa l’istituzione delle aree contigue.