La malattia colpisce i suidi, cinghiale in primis, e potrebbe propagarsi anche con i movimenti transfrontalieri di persone, salumi, strumenti e ungulati infetti. Il Nord Italia sembrava essere al sicuro, ma a questo punto qualsiasi paese con un settore suino deve essere considerato a rischio. Federcaccia Brescia ha ricordato come la produzione familiare sia un fattore di vulnerabilità a causa della bio-sicurezza molto bassa.
Non esiste un vaccino, di conseguenza è necessario stilare una diagnosi precoce, predisponendo un meccanismo di risposta rapida a una eventuale epidemia. I cacciatori, inoltre, rappresentano il personale in grado di tenere a bada la patologia, nonostante le istituzioni non abbiano ancora intuito le potenzialità di questo monitoraggio. Il paradosso è che esistono molte proibizioni per i cacciatori, ma allo stesso tempo gli enti sanitari invitano gli stessi alla collaborazione