Lettera aperta di Stefano Artico, presidente interprovinciale Federcaccia Ascoli-Fermo dopo quanto avvenuto a Montesecco di Grottammare e dopo le polemiche che si sono innescate con la Lega Abolizione Caccia. «Non fosse per il risalto di cui godono le sparate animaliste sui media con la conseguente disinformazione per i lettori, non varrebbe nemmeno la pena di perdere tempo a rispondere al cumulo di fantasie diffuse dalla LAC su quanto avvenuto nella frazione di Montesecco del comune di Grottammare.
Sfrondata la dichiarazione dalle ricostruzioni emotive e allarmistiche che caratterizzano sempre qualsiasi comunicazione proveniente da ambienti anticaccia e animalisti, senza scendere troppo nel tecnico veniamo ai fatti nella loro concretezza. Le operazioni di controllo della fauna selvatica, come quella di cui si parla, non sono caccia, tanto che avvengono appunto in periodi in cui questa è chiusa, e non sono organizzati dalle squadre dei cacciatori di loro iniziativa. Si tratta di operazioni di pubblica utilità espressamente previste dalla legge e regolate per quanto riguarda la nostra regione, fra le altre norme, dal “Piano di Controllo regionale del Cinghiale anni 2018-2023” deliberato dalla giunta regionale.
Le finalità di questo piano non sono, come sembra credere la LAC, quelle di far divertire i cacciatori, ma il contenimento dei danni causati dal cinghiale non solo alle produzioni agro-forestali ma anche, come recita la legge “per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione biologica, per la tutela del patrimonio storicoartistico” oltre che per la pubblica incolumità e sicurezza. Il ricorso agli abbattimenti avviene solo dopo che i metodi ecologici richiamati dalla LAC si sono dimostrati inefficaci e il tutto si svolge dietro parere dell’ISPRA, lo stesso Istituto le cui opinioni e indicazioni hanno forza di legge per le associazioni abolizioniste se servono a togliere anche solo un giorno di caccia ai calendari, ma che diventano stranamente carta straccia se basandosi sull’oggettività scientifica autorizzano i prelievi.
Ma anche la “scienza” richiamata dalla LAC vale solo se dice quello che vogliono loro. Il “Far West” evocato dalla LAC dunque non esiste, perché tutto si svolge nel solco di ben precise regole e norme e a tutela dei cittadini, degli operatori e della stessa fauna, i piani di prelievo e controllo sono attuati dalla Regione con il coinvolgimento gestionale degli Ambiti territoriali di Caccia e sotto il coordinamento della Polizia Provinciale. Almeno un agente di polizia deve essere sempre presente allo svolgimento delle operazioni. Anche la forma del prelievo non è lasciata alla libera scelta dei partecipanti e quella della braccata, impiegata nel caso denunciato viene adottata quando risulti necessario sopprimere un consistente numero di cinghiali presenti nel sito di intervento in breve tempo, per rendere minimo il disturbo causato dagli operatori e il danno arrecato dai selvatici.
Gli operatori – non è una distinzione di forma, perché ripetiamo qui non si tratta di caccia – devono essere in possesso di abilitazioni e qualifiche che si riportano dopo aver frequentato corsi e superato esami finalizzati ad apprendere metodiche e normative legate al controllo. Insomma, a Montesecco non c’era il primo che passava e le autorità competenti erano tutte consapevoli. Tutto il resto sono chiacchiere prive di valore e fondamento fatte ad arte per sostenere posizioni ideologiche, legittime finché si vuole, ma certo assai opinabili».