La Fausti di Marcheno saldamente diretta dalla tre sorelle Elena, Giovanna e Barbara non può certo venir tacciata di immobilismo o di legare tutto il suo operato a prodotti tecnicamente validi, di bell’aspetto e di ottima resa sul campo. Ci sono naturalmente i due filoni tradizionali delle doppiette e dei sovrapposti allestiti con un’ampia gamma di finiture e proposti in tutti i calibri per le canne lisce, senza mancare della giusta presenza anche nel difficile e speciale campo delle canne rigate. Da tempo questa Casa ha visto il fucile, elemento in sé squisitamente tecnico, come la tavolozza dei colori e la tela da pittore su cui poter rappresentare presso il pubblico opere d’arte, episodi storici, personaggi illustri. Nella nostra nazione tale superba pratica non è patrimonio culturale di un vasto numero di persone, l’ostracismo filosofico rivolto alle armi è tuttora ben orchestrato, pur tuttavia una compagine selezionata esiste e poi, non appena si rivolge l’attenzione all’estero, gli Stati Uniti in primis, si osserverà come tale prassi venga seguita e omaggiata della considerazione che merita.
Il sovrapposto Venetian
Osserviamo quest’ultima creazione della Fausti dedicata alla città che più d’ogni altra rappresenta il fascino, la malia, il sogno, le capacità mercantili di un tempo e la conseguente ricchezza impiegata con rara maestria nella gestione della Cosa Pubblica e nella creazione del Bello, sì con la maiuscola, in ogni cosa. Venezia è stata la porta fra oriente e occidente, miscellanea di culture, teatro di personaggi come il Casanova che ancor oggi attirano attenzione e sottendono affari intriganti e amori impossibili, una città appesa al cielo e sospesa sull’acqua, un che di indefinito, ma di ineguagliabili capacità in ogni settore. Dedicare a lei un proprio fucile è atto di riverenza per quello che nel ‘700 Venezia rappresentava anche per Brescia, la città delle armi che sotto la Serenissima godeva di uno sviluppo enorme e di una considerazione ben meritata: il Leone di S. Marco con il vangelo e la spada rappresentava le due anime, la parola e l’azione, sotto cui si muoveva l’antica repubblica.
Diamo così la giusta evidenza a questo fucile, anzi alla serie di fucili compresi nella denominazione Venetian, partendo dall’impianto tecnico della bascula del tipo arrotondato per una volumetria più leggera e raccolta dove il dorso di leggera convessità si raccorda con i fianchi che salgono a quella linea della tavola che marca in orizzontale il contatto con le canne e poi si innalza racchiudendo i seni, piccoli e garbati, evidenziati da un lucido rilievo arcuato. Nella testa parimenti arrotondata si inserisce la chiave a perno integrale e con pulsante traforato, seguita sulla codetta superiore dalla slitta della sicura in cui è inserito il tasto del commutatore di sparo: è previsto infatti il montaggio del meccanismo dotato del monogrillo. Da evidenziare a questo punto l’ovale della guardia che si prolunga in una codetta inferiore di ampiezza costante e tangente con la coccia, sempre in acciaio, inserita nella mezza pistola dell’impugnatura: un disegno con profili e volumi che ricordano da vicino quelli magistrali degli express inglesi.
Tenute e chiusure appartengono al tipo brevettato chiamato Four Lock® dotato di semiperni e orecchioni con quattro punti di contrasto forniti da due rilievi fresati nei fianchi di bascula e i corrispondenti incavi ricavati nel monobloc di culatta con cui sono giuntate le canne; l’impianto viene integrato con l’aggiunta di due tenoni posteriori affiancati che fanno battuta contro il traversino di fondo: nella mortisa posteriore di questi tenoni si inserisce il tassello mosso dalla chiave attuando la chiusura.
La calciatura in noce di classe elevata fa la sua parte nel catturare l’attenzione di chi osserva grazie al caldo colore di fondo su cui spiccano le fiammature brune, alla corretta disposizione dell’andamento di vena, alle sezioni e ai volumi in gioco tutti studiati per assecondare con eleganza l’estetica e la funzione tecnica; non secondaria poi l’opera di incassatura eseguita con perizia e maestria. Un cenno all’impianto Aoget per lo sgancio dell’astina dove la levetta e la propria sede sono trattate in maniera del tutto particolare.
Un cenno poi ai calibri proposti definiti secondo l’usuale schema britannico fra i medi, quindi il 16/70 e il 20/70, e fra i piccoli con il 28/70 e il .410Mg. Una scelta a nostro avviso assai centrata per meglio evidenziare la struttura del fucile: va rammentato come le bascule siano di misure specifiche in rapporto al calibro, quindi con pesi, maneggevolezza, estetica fuse coerentemente insieme. Le misure della calciatura e delle canne, strozzature e quant’altro forma il patrimonio specifico dell’arma possono venir concordate in sede di ordine per ottenere un fucile su misura e personalizzato.
L’incisione
L’animo di Venezia viene espresso dall’incisione curata dallo Studio Morghen e prodotta in edizione limitata: accenniamo soltanto a qualche particolare come la trabeazione nel pulsante della chiave che richiama il profilo di certe aperture caratteristiche delle costruzioni cittadine, o l’incrocio di due ferri da grata che appare sulla guardia, o ancora sul corpo della chiave, la bauta, la caratteristica maschera del settecento veneziano sormontata dall’altrettanto caratteristico cappello a tricorno. Sul dorso si erge il Leone di S. Marco, qui rappresentato nella versione con il solo Vangelo e senza la spada: al Museo della Guerra di Rovereto i manifestini lanciati su Vienna dall’impresa di D’Annunzio sono contornati da un disegno del Leone, ma con una bella spada pronta all’uso e la dicitura coniata dal Vate recita Iterum rudit leo, il leone nuovamente ruggisce: è il miglior augurio a questo nuovo fucile per un successo degno dell’impegno profuso nella sua realizzazione.