FAUSTI – Giovedì 19 luglio è stata la giornata scelta dalle sorelle Fausti per celebrare i 70 anni dell’azienda fondata dal papà, Cav. Stefano, nei primi anni del secondo dopoguerra. Nel 1948 il fermento operativo dell’Italia era in pieno sviluppo non solo con la ricostruzione dopo i danni patiti nelle vicende belliche, ma ugualmente con un fiorire di imprese ad ogni livello e della più varia estrazione. Nella valle del Mella erano di certo i fucili a condurre gli interessi e dalle aziende maggiori e già ben consolidate uscivano sovente personaggi con le giuste capacità operative affiancate da un marcato spirito imprenditoriale: molti nomi sono apparsi in quegli anni, tanti purtroppo non hanno proseguito a lungo l’attività, qualcuno con maggiore sagacia e determinazione ha mantenuta alta la propria bandiera e la Fausti è proprio una di queste. Settant’anni sono due generazioni, anzi qualcosa in più, ed è proprio sul fattore ereditario che questa firma ha costruito la sua fortuna.
La seconda generazione vede all’opera le tre figlie del Cav. Stefano, Elena, Giovanna e Barbara: detta così e al giorno d’oggi la cosa non fa una grinza, ma chi ha una certa età comprende come all’epoca l’inserimento di tre ragazze alla direzione di un’azienda produttrice di fucili non fosse una cosa che passasse inosservata ed esente da dubbi e magari da critiche. Gli studi, l’inventiva e la tenacia creano nelle tre sorelle una sinergia con una base formativa comune e una complementarietà di compiti che si rivela ben presto vincente. Non va dimenticato come il passaggio del testimone sia avvenuto in concomitanza a una marcata differenziazione delle proposte tecniche applicate alle armi di produzione e dello sviluppo di un modo operativo dove le macchine a controllo numerico hanno via via sostituito una gran parte dell’intervento manuale degli operai specializzati.
Non è questa la sede per dilungarci sullo specifico: diciamo soltanto che nel corso degli ultimi vent’anni la Fausti è passata dal produrre molti buoni fucili di media caratura, impostati su meccaniche figlie della loro epoca, a un numero più ristretto di pezzi raffinati dove scelte tecniche e formali, lavorazioni sempre più accurate, finiture dove la mano degli specialisti è ancora insostituibile che insieme nobilitano la produzione odierna staccandola sovente dalla concorrenza.
Tutti questi fattori sarebbero stati di ristretta utilità se non fossero stati affiancati da una oculata gestione aziendale e da uno sviluppo del mercato che ha visto sorgere sedi negli Stati Uniti d’America e nel Regno Unito insieme a una distribuzione in moltissime nazioni del mondo. La capacità di far apprezzare il prodotto, orientarlo sui gusti della clientela e, al tempo stesso, essere propositivi cogliendo con anticipo il sentire del domani è un insieme di doti che provengono da studi approfonditi, oculata attenzione, fine sensibilità e una certa capacità di divinare il futuro: ecco perché gli industriali del XXI secolo, in mezzo a tanta scienza e tecnologia, devono essere anche un po’ sciamani e indovini.