Qualche mese addietro abbiamo proposto all’attenzione degli appassionati il kipplauf che ha segnato in maniera decisa la presenza della Falco Arms nel settore specialistico delle armi lunghe rigate: l’Alpine 1 ricalca con giusto equilibrio gli stilemi tecnici ed estetici delle realizzazioni di Ferlach ottenendo un ampio e giusto riconoscimento dal mercato. Con questo il Sig. Angiolino e i suoi figli non si sono ritenuti paghi accomodandosi sugli allori, ma sono partiti con sagacia e attenzione alla ricerca di un’evoluzione creando l’Alpine 2. Notiamo come i nomi imposti ai modelli siano asciutti, essenziali e pratici: una sintesi dei caratteri della gente della Valtrompia, gente con cui e da cui si impara che cosa sia il lavoro e come lo si debba condurre.
Abbiamo avuto a disposizione in azienda per il servizio fotografico uno dei primissimi esemplari usciti dalla produzione e abbiamo atteso un poco prima di passare alla pubblicazione delle considerazioni perché era previsto l’arrivo di un fucile con cui condurre le prove in poligono, giusto per verificare la rispondenza di quel che l’aspetto, le lavorazioni e l’impianto tecnico promettevano. Verificare poi non ci sembra proprio il verbo più adatto: dall’impostazione di tutto il complesso saremmo partiti con la certezza di risultati più che significativi e quindi la prova tendeva a esemplificare, mettere a giorno per tutti gli appassionati il bel lavoro condotto dalla fabbrica di Marcheno.
Il tutti a casa che da un paio di mesi ci costringe a quel che sappiamo ha prodotto come risvolto il rimando a tempi migliori di questa prova: con una sorta di pensiero scaramantico ci siamo decisi a non frapporre ulteriori indugi offrendo le considerazioni e le immagini di questo kipplauf: prima di passare alle illustrazioni ci piace sottolineare l’affluenza, diremo proprio la ressa che in tutte le ore della HIT di Vicenza ha posto sotto benefico assedio lo spazio espositivo della ditta: il Sig. Angiolino e gentile Signora insieme alla figlia Roberta tenevano amichevolmente a bada i tanti visitatori interessati. A colpo d’occhio abbiamo focalizzato nella quasi totalità degli astanti quella genia di cacciatori con la montagna nel sangue, nelle gambe e negli occhi, quelli idealmente già apparentati con il kipplauf e con questi accorti produttori.
La tecnica
Per quanto attiene all’impostazione tecnica, quindi tenute e chiusure, alcune Case hanno scelto il sistema Jäger con blocchetto oscillante e quanto viene di conseguenza mentre la Falco mantiene la via tradizionale. Abbiamo quindi la bascula ricavata da un massello forgiato con disegno elaborato per la testa dal seno tondeggiante, evidenziato dalle profonde scalfature posteriori che si distendono in orizzontale e si ispessiscono formando con le pareti le due mezzerie della tavola. In esterno la modellatura assume forma di una S distesa fornendo un opportuno incremento di spessore nel punto critico sotto all’angolo di giunzione tavola e faccia, creando inoltre un motivo estetico peculiare. I fianchi si congiungono con leggera curvatura al dorso dove si nota il primo rampone passante seguito dall’incastro del coperchio di fondo comprensivo del lungo ponticello da cui sporgono i grilletti.
All’interno della bascula troviamo le funzioni complementari con quanto vedremo ricavato dal monobloc di culatta in cui è inserita la canna. Nella profonda sezione a U si osservano le due mortise per i tenoni separate dal traversino integrale: al di sotto scorre la slitta di chiusura di una duplice Purdey. Nel profilo anteriore vengono ricavate le due curvature della cerniera fra cui spiccano il tassello tondo per limitare l’angolo di apertura e il piolo di contrasto con il gambo dell’estrattore; trasversalmente è inserito il perno in acciaio cementato che assicura la rotazione della canna. Nella faccia risulta molto evidente il riporto di un disco in acciaio indurito, fissato con due viti e attraversato dal foro del percussore: scarica su una maggior superficie specifica l’energia trasmessa dal fondello della cartuccia.
Da ultimo, sopra a questo disco, appare il tassello della terza chiusura che si configura come una Purdey del 2° tipo: interessante notare come il materiale appaia identico a quello usato nel disco di culatta e come il tassello stesso dai bordi angolati per irrobustimento, scorra in una sede dai profili adeguati a contrastare le forze in gioco. Risulta assai gradevole il monobloc di culatta con la strombatura della canna in sintonia con le linee della testa, tutte giocate su forme tondeggianti; nella parte superiore si ricava la scina integrale per l’ottica con base da 11 cm, sui fianchi si aprono i semipiani, all’apice anteriore sporge un quadrello con riscontro nel braccio lungo del testacroce. I due tenoni forniscono il necessario per tenute e chiusure con l’incavo tondo di giunzione al perno e le due mortise per la slitta di fermo; in culatta, sopra al profilo della canna, sporge la mensola quadra della terza chiusura. Da ultimo si nota a sinistra dei tenoni la guida di scorrimento del robusto estrattore manuale: in posizione di lavoro sporge adeguatamente dalla culatta ed essendo presente solo il dente della chiusura superiore non si hanno fastidi a prelevare il bossolo con le dita, anche quando sono ben intirizzite dal freddo.
Le altre componenti
Abbiamo osservato come la canna sia inserita nel monobloc e stabilmente saldata: delle sue caratteristiche generali diamo soltanto la lunghezza fissata in 60 cm, entità media con ottime rese su tutti i calibri più adeguati a un kipplauf, la sezione tonda a profilo conico, la volata con leggera conicità esterna e un micro invaso a conicità più marcata proprio all’egresso della rigatura. La rigatura nitida e con spigoli vivi alternati alle parti piane ben lisciate indica un lavoro ben eseguito, quasi certamente per rotomartellatura a freddo: siamo certi che una prova sul campo cerziorerà tale impressione. Non sono presenti le mire metalliche fornite come opzione. La chiave di apertura incassata e saldata al perno, è inserita nella forma a Y della testa: la sua linea moderna e asimmetrica non stona sull’insieme e, soprattutto, presenta una gradevole funzionalità.
Sotto alla chiave si allunga la codetta superiore dove viene incassata la slitta per l’armamento della batteria, disgiunto quindi dal movimento di apertura della canna che serve unicamente a incamerare la cartuccia: dopo tale operazione e richiuso il fucile si ha l’arma in sicura, nel senso che la batteria ha la molla distesa e il percussore bloccato. Solo posizionando in avanti il tasto tutto è pronto al tiro: una nota da tener bene a mente è che, dovendo rimandare lo sparo, si deve agire sul bottone di sgancio riportando indietro la slitta prima di riprendere la marcia. Qui, contrariamente ad altre soluzioni note, lo sgancio passa ancora attraverso un bell’impianto di stecher a due grilletti, sì proprio quelli che i meno giovani ricordano di aver apprezzato sui Mannlicher Schönauer e sui Mauser Europa 66. Si ha quindi modo di mantenere lo scatto diretto sul primo grilletto con un peso intorno ai 1.500 g da ridurre ai 350/500 g (secondo i gusti e la sensibilità del dito) quando si attivi lo stecher.
La calciatura
Anche se oggi le calciature in sintetico imperversano con la loro eccellente funzionalità, in un kipplauf un noce di buona caratura viene molto apprezzato specie se, come in questo caso, si sceglie un ciocco con una bella estetica, ma soprattutto con andamento di vena in linea con l’energia di rinculo, assicurandogli poi un trattamento adeguato. Qui tutto risponde ai desideri e insieme sono giustamente presenti gli stilemi mitteleuropei con l’appoggiaguacia a pagine di libro, l’impugnatura a pistola molto allungata, l’apice dell’asta con lo schnabel contenuto. Apprezzabile il lavoro di incassatura, specialmente nella zona della testa del calcio dove la linea di giunzione con la bascula risulta molto elaborata. La finitura esterna di questo esemplare mostra una tartarugatura a tinte piuttosto marcate, come sovente si osserva attualmente: la scelta comunque di tale trattamento ci piace trovandola adeguata allo spirito del fucile. Nella produzione saranno poi offerte le finiture ad argento vecchio, con o senza incisioni.
Il peso senz’ottica dovrebbe situarsi intorno ai 3 kg, una media giusta per un porto senza sofferenze e per una resa al tiro costante, senza necessità di trattenere il fucile come un gattino che voglia scapparci dalle mani. Non si è ancora detto dei calibri: l’esemplare in visione è camerato per il .308 Win. cartuccia fra le più precise intrinsecamente e adeguata alla selvaggina delle nostre zone; da parte nostra preferiamo di gran lunga le ottime cartucce tedesche nate appositamente per i fucili basculanti e quindi con la carica leggermente attenuata rispetto alle omologhe da carabina e con bossolo a collarino di sicura presa con l’estrattore dove non occorre riportare quella delicata unghietta a molla, necessaria per i bossoli scanalati.
Già i primi quattro calibri che vengono a mente assecondano un po’ tutte le esigenze, quindi 6,5x57R, 7x57R (altra cartuccia di estrema precisione), 7x65R, 8x57IRS. Poi se si coltivano fantasie un po’ fuori dall’ordinario ci sono il 6,5x68R (un po’ difficile da trovare, ma balisticamente ancora ai vertici) il 7x75R Vom Hofe, l’8x75R e il 9,3x74R. Una chiacchierata in azienda servirà a mettere a fuoco le proprie aspirazioni e le esigenze della produzione: rammentiamo come nell’intestazione del sito aziendale spicchi l’asserzione “Falco Armi, il fucile dal taglio sartoriale”.
Da parte nostra, passata speriamo indenni questa brutta emergenza sanitaria, contiamo di ricevere un esemplare in prova, magari proprio nel 7x65R, la splendida cartuccia di Brenneke che dopo un secolo continua a stupire per le sue fenomenali caratteristiche.