FAIR Jubilée Prestige: Nella vasta gamma di sovrapposti che la Casa propone abbiamo scelto un modello da caccia allestito secondo la tradizione, quindi nel calibro 12/76 e con alcuni particolari estetici che, insieme alla tecnica applicata, da sempre fanno presa sulle scelte di molti clienti.
Testo e foto di Emanuele Tabasso
Una giro mentale fra i sovrapposti fa tornare alla mente la pubblicità dell’amaro Ramazzotti che “Fa sempre bene!” come recitava il suadente messaggio degli Anni Sessanta: per noi fa sempre bene osservare quello che è stato e continua ad essere un segno di un cambiamento armiero epocale. La caccia del dopoguerra era ancora condotta con le classiche doppiette fra cui si trovava di tutto, dal più basso artigianato ai sommi inglesi che pochi potevano permettersi; a fianco i semiautomatici stavano iniziando a sgomitare per farsi posto mentre filava via liscia la crescita numerica dei sovrapposti, fino ad allora assai limitati fra la massa dei cacciatori. Oggi la situazione è ben diversa, com’è naturale che sia, ma il livello d’impiego di questa tipologia rimane sempre elevato e prova ne sia l’ampliamento della gamma anche nei calibri medi come il 20 o nei piccoli come il 28 e il .410 Mg. La diatriba sulla classicità e sull’eleganza delle due canne affiancate rispetto a quelle sovrapposte non avrà mai fine: a ognuno di prediligere queste o quelle, ma ragionando di tecnica la disposizione delle due canne una sull’altra è depositaria di alcuni vantaggi che, a parità di finezza del lavoro, vanno dalla maggior durata delle chiusure alla miglior centratura delle rosate mantenuta alle diverse distanze di ingaggio del bersaglio. Prova ne sia la scelta univoca di tale formula per i fucili da pedana, vere macchine da sparo a cui sono richiesti massimamente i due requisiti sopradetti. La FAIR di Marcheno ha battuto con serietà e costanza questa via divenendo la seconda azienda italiana di settore quanto a numeri prodotti: l’esame di uno dei suoi fucili acclara i motivi di tale successo e per l’occasione disponiamo di un Jubilé Prestige nel poliedrico calibro 12/76. Lo imbracciamo mettendolo in mira apprezzandone subito la bilanciatura e il peso contenuto, adeguato al calibro e al porto anche in zone disagevoli.
Tradizione progettuale
L’impianto tradizionale a semiperni e orecchioni assicura una resa adeguata, suffragata da una casistica di cospicua ampiezza, mantenendo i costi entro limiti favorevoli a una dimensione commerciale di vasta diffusione. Il sistema di giunzione delle canne tramite il monoblocco di culatta consente di ricavare da un massello di acciaio legato sia le sedi delle canne stesse, sia i vincoli in gioco con quanto realizzato nella bascula. Vediamo in quest’ultima i semiperni con rinforzi a triangolo, le mortise cieche nel dorso, il tassello, mosso dalla chiave, sporgente dalla faccia dove è incassato un rinforzo in acciaio speciale, forato per il passaggio dei percussori. Nel monoblocco si evidenziano gli orecchioni, le sedi di scorrimento dei gambi degli estrattori con le relative leve di sgancio e le lamine di guida, e i due tenoni bassi affiancati che, inseriti nelle mortise insistono contro il traversino mediano contrastando l’avanzamento delle canne sotto sparo; la rotazione è invece bloccata dal tassello inserito nello scasso posteriore. Sul fondo della bascula scorrono le due astine per la monta delle batterie, dotate dei prolungamenti laterali per il comando degli eiettori automatici. Un nottolino a molla consente di rimettere al centro la chiave a fucile smontato. Le canne vengono forate e rettificate su spina negativa curando l’andamento sezionale e le pendenze dei coni di raccordo per raggiungere la situazione ottimale di basso rinculo, quindi limitazione del colpo d’ariete, massima accelerazione della carica e ridottissima deformazione dei pallini periferici; gli strozzatori intercambiabili sono oramai un complemento vantaggioso per adeguare le rosate alle diverse situazioni venatorie o di pedana. La bindella ventilata e ombreggiata, con ponticelli saldati direttamente alla canna, conduce l’occhio al mirino sferico in ottone; risulta molto curata anche l’applicazione delle bindelline laterali, anche nel punto critico del vivo di volata.
Serietà esecutiva
La procedura delle macchine operatrici rende un lavoro nitido e ben eseguito, segno che ogni elemento è sotto controllo, compresi i tempi di sostituzione e riaffilatura degli utensili: ovvio che una tale cura delle componenti interne, quindi poco evidenti a un’osservazione superficiale, comporti una cura almeno pari per l’esterno dove l’aspetto è il primo biglietto da visita del fucile: volumi, linee e stile sono seguiti in maniera attenta e alcune scelte vanno incontro alle richieste della clientela come le cartelle lunghe, l’applicazione della coroncina dorata sulla chiave, le incisioni correttamente eseguite a laser con ripresa manuale dove si fondono elementi rinascimentali ad altri prettamente venatori, con un risultato gradevole. Anche le diciture aziendali si rivelano accurate e spicca, fra queste, il 100% Italian Made che, di questi tempi, è un valore aggiunto di apprezzata validità. I legni scelti fra noce di qualità medio elevata sono lavorati in maniera più che adeguata con un occhio attento all’incassatura, alle linee accattivanti e funzionali, alla tiratura delle superfici e alla realizzazione degli zigrini: ci piacerebbe che nel fissaggio del calciolo in legno riportato venissero impiegate delle classiche viti a spacco stretto e non quelle con l’intaglio a croce che lasciamo volentieri al noto mobiliere scandinavo. Il fucile merita appieno anche queste piccole, ma significative attenzioni perché, come diceva il boia saggiando col pollice il filo della mannaia “è il particolare che conta”.