Il fegato è un organo fondamentale per ogni essere umano e lo stesso discorso vale per gli animali. Nel caso dei cani, poi, il funzionamento non è molto diverso da quello dei padroni. Il fegato di questa specie assolve diversi compiti. Anzitutto serve a metabolizzare i grassi, le proteine e i carboidrati dei pasti.
Inoltre, l’organo agevola l’immagazzinamento corretto di vitamine e minerali, senza dimenticare il miglior funzionamento del sistema digestivo. Tra l’altro, il fegato rimuove le sostanze tossiche e riesce a produrre una serie di sostanze fondamentali per rendere possibile la coagulazione del sangue.
Secondo alcuni studi, però, il fegato dei cani svolge più di 1000 compiti nel corpo, un numero davvero impressionante. Questo vuol dire che bisogna evitare malattie che indeboliscano il fegato, in particolare l’epatite infettiva. Ormai sembra essere scomparsa grazie ai vaccini, ma gli episodi ci sono comunque ed è meglio approfondire ogni aspetto di questa patologia.
I diversi tipi di epatite
I cani come gli uomini hanno un apparato complesso che include anche organi determinanti, che come per i padroni possono essere sottoposti a diverse malattie. L’epatite quindi non ha solo un sintomo e un’origine, ma dipende da diversi fattori. Vediamo quali sono e per quali motivi colpiscono il fegato.
Epatite comune. E’ la più semplice da diagnosticare, perché un po’ come per il fegato dell’uomo, anche quello del cane può avere una reazione negativa se assume troppe medicine. L’organo in questo caso si infiamma soprattutto se entra in contatto con sostanze tossiche. La possibilità di intervenire è limitata perché i sintomi si presentano quando la malattia e in stato avanzato.
Epatite autoimmune. A differenza della precedente non è indotta da agenti esterni, ma da un difetto presente all’interno del sistema immunitario del cane. Questo non è in grado di leggere correttamente le cellule del fegato, che in realtà vengono considerate agenti dannosi, quindi si adopera per distruggerle.
Epatite virale canina. Detta anche epatite infettiva canina o malattia di Rubarth è causata da un virus, che colpisce i cani e le volpi, e si trasmette tramite il contatto con la saliva o le feci di animali infetti. Il virus forte, resistente e estremamente contagioso nei casi estremi può provocare la morte del cane.
Il nome dell’epatite deriva dal suo scopritore. Il veterinario svedese, Sven Rubarth dopo anni di studi e osservazioni, nel 1947 è arrivato ad elaborare una teoria che ha poi presentato all’interno della sua tesi di dottorato. La malattia virale venne definita dallo studioso epatite contagiosa canis (HCC) era diffusa in tutto il mondo e colpiva principalmente cuccioli e cani giovani.
La causa era dovuta ad un virus detto Adenovirus che si trasmetteva tramite i fluidi corporei infetti con cui il soggetto veniva a contatto per via digerente o respiratoria. Soprattutto per i cani randagi o per i segugi, la possibilità di essere infettati da questo virus è molto alta, perché passano diverse ore all’aperto, quindi “imbattersi” in questo tipo di virus è estremamente facile.
Grazie agli studi condotti in laboratorio, il veterinario, oltre a scoprire il virus, è riuscito ad isolarlo, per poi inserirlo all’interno del vaccino che da quel momento è stato somministrato a tutti i cani.
I sintomi dell’epatite di Rubarth
L’epatite a livello sintomatico non è molto diversa da altre malattie che colpiscono i segugi. Il virus manifesta gli stessi effetti sul cane del Cimurro o Parvovirosi.
All’inizio il cane manifesta un’ipertermia significativa che porta ad un innalzamento della temperatura corporea del cane che può essere dovuta alla eccessiva produzione interna di calore, e all’incapacità del corpo del cane di dissipare correttamente il calore. Mentre la normale temperatura del corpo varia dai 38°C ai 39°C, improvvisamente aumenta in modo considerevole.
A questo segue una consistente perdita dell’appetito che porta il segugio ad una sorta di anoressia, seguita da un consistente debolezza generale. A questi sintomi fanno seguito altri che non devono assolutamente essere sottovalutati.
Nel giro di poco il cane sarà affetto da vomito, diarrea e fegato ingrossato e dolorante. Oltre agli organi interni la malattia lascia i suoi strascichi anche su altre parti del corpo. Il nostro amico a quattro zampe viene colpito da un edema corneale con uveite, ovvero l’infiammazione della camera anteriore dell’occhio.
La malattia ha il suo apice nel momento in cui viene alterata la capacità coagulativa del sangue. Mentre i cani più anziani reagiscono positivamente e le aspettative di vita sono alte, in quelli più giovani la morte arriva all’improvviso per collasso CC.
Come trattare la malattia
Nonostante questi sintomi, a volte mortali, è tra le epatiti più facili da trattare. La prima cosa da fare è rivolgersi ad un veterinario. Questo oltre ad adottare la cura giusta, può tentare di capire se ci sono particolari fattori che influiscono per evitare che il cane si ammali di nuovo.
Il veterinario dopo una visita approfondita si preoccuperà di prescrivere le giuste medicine. Le migliori in questo caso sono quelle che agiscono sul sistema immunitario e si preoccupano di controllarlo. Tra i più diffusi ci sono gli immunomodulatori proteggono il fegato da eventuali danni.
Inoltre, il veterinario potrà prescrivere antiinfiammatori e antibiotici per combattere infezioni secondarie. Questo perché il virus tende a non scomparire del tutto, quindi è necessario riuscire a tenere sotto controllo tutti gli eventuali sintomi
Per far si che il nostro amico a quattro zampe si riprenda e superi al meglio la malattia, le medicine e le cure del veterinario, devono essere accompagnate da un particolare regime alimentare pensata per il fegato e quindi povera di proteine. Accompagnata da abitudini salutari come passeggiate all’aria aperta e riposo.
Prevenzione
Per prevenire l’epatite virale, la soluzione migliore è il vaccino. Questo vale sia per i cuccioli, sia per quelli adulti. Il virus si trasmette tramite le urine e rimane attivo ancora per un anno dopo la guarigione. Inoltre, una volta diffuso nell’ambiente, il virus resiste fino a due settimane, con il rischio di contagiare i cani che vengono a contatto con il materiale infetto.