Enalcaccia Avellino impegnata a contrastare il bracconaggio e gli inutili sprechi dell’Ambito Territoriale di Caccia di Avellino.
I bracconieri colpiscono ancora. Lo fanno in Irpinia, nella zona di ripopolamento e cattura, situata nei comuni di San Sossio, Trevico e Vallesaccarda. Lo fanno attraverso uno dei sistemi più crudeli e vili: i “ lacci”. A rinvenire e sequestrare ben 35 di questi “strumenti” illegali di cattura, vere e proprie trappole realizzate in acciaio, è stato il gruppo di guardie giurate venatorie della sezione dell’Enalcaccia di Ariano Irpino, coordinate dal presidente locale Prof. Franco Molinario, durante l’attività di perlustrazione svoltasi lo scorso 27 gennaio. Trappole congegnate in questo modo possono procurare gravi danni.
Il rischio maggiore è corso dalla specie stessa dei cinghiali, soprattutto in una stagione che favorisce la loro riproduzione. Viene messa a repentaglio la vita degli ungulati, delle scrofe gravide o con i cuccioli al seguito, ma anche la stessa incolumità delle persone, nello specifico degli agricoltori che coltivano le terre limitrofe. È in virtù della tutela degli animali e in primis degli individui che l’attività della squadra di vigilanza si è resa implacabile e, garantisce Molinario, lo sarà in futuro, auspicando una decisa collaborazione da parte dei cacciatori, affinché denuncino episodi del genere.
I più vivi complimenti per il marcato contrasto al bracconaggio nella zona della Baronia sono stati espressi del presidente provinciale dell’Enlcaccia Emilio Mazzone, il quale ha colto l’occasione per soffermarsi su alcuni aspetti delle politica associativa dell’area avellinese. “Il programma della nostra politica”, puntualizza Mazzone, “prevede la responsabilizzazione dei cacciatori in merito all’attività venatoria. Preferiamo seguire la linea del loro coinvolgimento piuttosto che asfissiarli con eccessivi controlli e norme che finirebbero per danneggiarli”. Uno dei cardini della politica venatoria che contraddistingue l’operato di Mazzone, attento alle problematiche che riguardano più da vicino i seguaci di Diana, convinto della necessità di attuare un approccio che rispetti e valorizzi le risorse dei cacciatori, è relativo alla necessità di mettere in sinergia i cacciatori con il mondo agricolo, compito a cui è preposto l’ATC.
A tal proposito il presidente Mazzone ha esposto una vicenda dai connotati particolari e alquanto enigmatici. Tutto ha inizio con la richiesta, da parte della Regione, di impegnare il 10%del bilancio annuale dell’ATC(pari a circa 34mila euro), da utilizzare per risarcire gli agricoltori dei danni provocati loro dagli ungulati. In seguito è stata modificata la destinazione del suddetto bilancio a favore di un progetto di monitoraggio della specie dei cinghiali, da affidare alla Facoltà di Zoologia di Portici. Un’ iniziativa dunque valida, impeccabile, almeno finché non ha iniziato a subire sostanziali e misteriose modifiche, che hanno spinto il presidente dell’Enelcaccia di Avellino a non condividerla più e a decidere di sfiduciare l’attuale presidente dell’ATC di Avellino, Vincenzo Alaia, protagonista di una sorta di “dono dell’ubiquità”: presidente del consiglio della ormai commissariata amministrazione provinciale di Centro Destra di Avellino e contemporaneamente in forza all’ATC come componente della Confederazione Italiana Agricoltori(notoriamente di sinistra).
Tornando alla decisione del presidente dell’Enalcaccia di Avellino di non aderire al progetto di censimento, Mazzone chiarisce: “non ho più ritenuto valido ed efficace il piano del monitoraggio a causa delle modifiche apportate. Il progetto non è stato più affidato all’Università come detto in un primo momento e come del resto prevedono la legge regionale sulla caccia e la legge nazionale n157 del 1992, ma è stato stilato da un semplice appassionato di caccia, con il risultato di un lavoro asettico e approssimativo, privo di riscontro e di interesse scientifico. Un’altra delle ragioni della mia scelta”, prosegue Mazzone, “è relativa alla mancata organizzazione di una gara regolare, in base alla quale affidare gli incarichi, dato il sostanzioso importo in palio, che del resto è misteriosamente lievitato, arrivando a circa 70 mila euro e probabilmente, chissà, lieviterà ancora”, commenta perplesso e ironico.
“Il gruppo dei censori, anche quest’ultimo soggetto a raddoppiamento (dai dieci iniziali, se ne contano ora oltre 20), a cui è stato affidato il compito, è stato selezionato in base a criteri meramente clientelari. Mi rifiuto dunque di appoggiare un progetto che si serva del lavoro di persone incompetenti che, a pagamento, effettuano il monitoraggio di zone che probabilmente neanche conoscono, mentre invece non è stata tenuta in considerazione la collaborazione di forze altamente specializzate, quali quelle fornite dall’Università. Mi rifiuto inoltre di favorire lo stanziamento di soldi, il famoso 10%, non più utile ad indennizzare gli agricoltori”.
Il progetto, così come appare dalle modifiche apportate, risulta anche essere un doppione. Mazzone invita a visionare il regolamento di caccia al cinghiale, emanato dalla provincia di Avellino, settore valorizzazione e tutela del territorio, all’interno del quale l’ART. 3, dedicato al controllo numerico delle popolazioni di cinghiale, contempla: “all’interno delle aree vocate -ACS- il controllo numerico delle popolazioni di cinghiale avviene durante il normale periodo di caccia.
I piani di prelievo sono attuati dalle squadre affidatarie dell’area. È fatto obbligo ad ogni squadra. Al fine di garantire l’elaborazione del piano di prelievo dal distretto, di effettuare almeno quattro operazioni di censimento, da eseguirsi in giorni diversi, due al mattino e due alla sera. Il censimento avviene durante il normale periodo di caccia e nel periodo marzo/maggio. L’organizzazione di dette operazioni sul campo è affidata ai caposquadra afferenti al distretto. Entro il 10 giugno di ogni anno, ogni caposquadra dovrà far pervenire al Presidente del distretto, le schede di rilevamento individuale ed il riepilogo generale, sugli appositi moduli predisposti all’uopo dall’ATC.
Il Presidente del Distretto, entro cinque giorni dalla ricezione provvederà a trasmettere le schede di cui sopra all’ATC ed al servizio Caccia della Provincia”. Naturalmente le perplessità, i dubbi, i poco chiari passaggi che segnano la vicenda sono stati esposti alle opportune sedi di controllo e vigilanza. Lo sguardo di Mazzone si rivolge ancora al già discusso regolamento approvato dalla Provincia, a suo parere eccessivamente vincolante.
Ribadisce il disaccordo relativo sia all’aumento del numero dei membri delle squadre di caccia (da 25 a 30), sia all’introduzione di una nuova tassa pari a 20 euro, addebitata a ciascun cacciatore.
L’Enalaccia di Avellino è dunque fautrice di una politica venatoria improntata all’investimento di risorse anche cospicue in progetti di reale interesse scientifico, alla responsabilizzazione dei cacciatori e alla valorizzazione del territorio, di conseguenza al contrasto dei fenomeni di bracconaggio, che minano il regolare svolgimento dall’attività venatoria da parte dei cacciatori onesti e rispettosi delle norme.
3 aprile 2013
Enalcaccia Avellino