Cacciatori non coinvolti
La caccia al cinghiale andava prolungata oltre il 31 dicembre 2023 per scongiurare la diffusione della peste suina africana (Psa). Ad affermarlo è Emiliano Occhi (Lega) che ha presentato un’interrogazione per chiedere conto alla giunta del mancato coinvolgimento, nelle attività di depopolamento previste nelle zone di restrizione, di tutti i cacciatori in possesso di porto di fucile e assicurazione in corso di validità, previo assolvimento degli obblighi formativi sulla biosicurezza.
Una situazione molto grave
“Considerata la grave situazione epidemiologica attuale -ha spiegato il consigliere- la letteratura scientifica recente concorda sulla necessità di diminuire significativamente il numero di cinghiali per ridurre la diffusione della Psa e a tal fine vengono predisposti i ‘Piani regionali di interventi urgenti’, con validità quinquennale, la cui entità del prelievo viene rimodulata annualmente.
L’esempio della Liguria
In Emilia-Romagna, nel periodo 2019-2021 sono stati effettuati circa 31mila prelievi di cinghiali di cui circa 23mila in caccia collettiva, 4.500 in selezione e circa 3.700 in controllo. Da questi dati emerge come la modalità collettiva sia quella che consente il maggior numero di abbattimenti. Per l’Emilia-Romagna il Piano di prelievo indica un obiettivo di 52mila abbattimenti di cui 28mila mediante l’attività venatoria, 12mila in selezione e 12mila mediante piani di controllo. La giunta spieghi quindi per quel motivo non è stato previsto il prolungamento dell’attività venatoria per il cinghiale sino al 31 gennaio 2024 come avvenuto in Liguria” (fonte: Regione Emilia Romagna).