La discussione del momento
Negli ultimi tempi abbiamo letto di tutto sulla questione controllo del colombaccio in Emilia-Romagna, ed interveniamo anche per cercare di riportare la discussione su toni meno emozionali con un approccio un po’ più tecnico. Esprimiamo pertanto alcuni concetti che riteniamo basilari per affrontare la cosa nei giusti termini.
1) I colombacci nidificanti (o stanziali o posticci, chiamateli come volete) sono in fortissimo aumento in molte regioni d’Italia, come certificano sia i dati delle regioni, che i carnieri, che i censimenti di associazioni ornitologiche, sia ISPRA; regioni come l’Emilia e la Toscana negli ultimi venti anni hanno visto un aumento della popolazione stanziale di oltre il 500%. Quindi la specie gode di ottima salute.
2) I colombacci col riscaldamento climatico hanno ampliato il periodo di nidificazione, che oramai copre tutto settembre ed anche oltre.
3) Il notevole aumento della specie, che in alcune aree periurbane può ormai definirsi invasiva, causa danni all’agricoltura, così come fanno il parrocchetto dal collare, lo storno, il piccione, la tortora dal collare. Questo, come per molte altre specie di fauna selvatica, provoca ovvi contrasti con gli agricoltori. A meno che non si voglia mettere in discussione la veridicità delle perizie, o la confusione tra specie, attribuendo al colombaccio la “colpa” dei danni causati dai piccioni
Danneggiamenti seri
4) In particolare il colombaccio può essere molto “pericoloso” e provocare danneggiamenti seri e non confondibili col piccione su colture orticole di pregio (cavoli, fagioli, piselli, insalate, lattughe, radicchi ecc.).
5) I carnieri annuali ricavati dai tesserini venatori dell’Emilia sono estremamente elevati, con un aumento cospicuo dei capi rispetto alla media da quando è stata reintrodotta la preapertura al colombaccio
Le richieste alla Regione
Preso spunto da questi dati, che riteniamo abbastanza certi e certificati, in merito alla delibera dell’Emilia-Romagna, chiediamo alla Regione alcune modifiche della stessa:
– Riduzione del numero di capi da prelevare: si può intervenire in maniera puntiforme, nelle aziende con colture di pregio, abbattendo poche centinaia di capi ogni anno a livello regionale, salvaguardando i raccolti; il colombaccio impara subito dalle fucilate a non frequentare più quel campo
– Su colture ove è forte la presenza di piccione, autorizzare esclusivamente l’abbattimento di piccioni: solito effetto dissuasivo, senza bisogno di abbattere colombacci che comunque imparerebbero dai loro “parenti poveri”
Riguardo, infine, ai comunicati vari e a tutto quello che abbiamo letto sul web in queste settimane, ci limitiamo a sottolineare:
– occorre prestare molta attenzione a dire e sostenere (tra l’altro senza alcun dato per fortuna) che si deve cacciare di più così abbassiamo il numero di colombacci; si rischia il clamoroso autogol, visti gli abbondanti carnieri certificati dai tesserini venatori.
Speriamo di aver portato un contributo ad una discussione il più possibile “laica” e che sia frutto di concertazione. Se consultati questi sarebbero stati i suggerimenti che avremmo portato.