Grande preoccupazione
Dopo i primi casi di PSA riscontrati nella nostra Regione negli ultimi giorni del mese di luglio, e come già fatto prima che l’emergenza sanitaria arrivasse in Toscana, vogliamo evidenziare tutta la nostra preoccupazione per come fino ad ora è stata gestita l’emergenza. Sono oltre 1.000 i cacciatori che nella provincia di Massa e Carrara da gennaio ad ora hanno conseguito l’abilitazione per gli interventi di controllo sulla specie, ai quali si sommano altre centinaia di abilitati agli interventi selettivi, in girata e con il cane limiere. A questi si aggiungono i cacciatori iscritti alle squadre organizzate – ricordiamo che in Toscana sono oltre 30.000 quelli che praticano questa storica e tradizionale forma di caccia – che regolarmente, in maniera fattiva, contribuiscono alla gestione della popolazione del cinghiale.
Un esercito di volontari
Un vero e proprio “esercito” di volontari, pronto a fare la propria parte anche al di fuori della caccia ordinaria, per contenere e bloccare il progredire della PSA in Toscana, che ad ora, a causa di gravi inadempienze che certo non dipendono dai cacciatori, non viene tenuto nella dovuta considerazione. Basti pensare che nella provincia di Massa e Carrara, ad oltre un anno dallo scoppio dei focolai in Liguria vicino al confine toscano, e tutt’ora con l’emergenza arrivata nei comuni di Zeri e Pontremoli, non è attivo nessun centro di sosta in grado di ricevere i capi recuperati dalle attività di ricerca attiva degli animali infetti e delle eventuali carcasse, fatta volontariamente dai cacciatori. Al contempo invece, le squadre organizzate di caccia al cinghiale, si sono già autofinanziate per ristrutturare e mettere a norma i loro centri di lavorazione delle carni all’interno delle “case di caccia”, proprio per questo scopo.
Il punto di vista della Federcaccia
Una situazione quasi paradossale, se si pensa che rispettivamente a 5 e 15 km delle zone di restrizione, troviamo il Parco nazionale dell’Appennino Tosco-Emilaino, con i suoi 26.149 ettari di superficie nella sola Toscana, e il Parco regionale delle Alpi Apuane, con i suoi 20.958 ettari che si protraggono verso Lucca, dove nei fatti non si interviene né sul cinghiale né sugli altri possibili vettori di trasmissione della malattia. Per queste e altre ragioni già espresse nelle scorse settimane Federcaccia Toscana-UCT, Federcaccia-UCT Provinciale di Massa e Carrara e l’ATC Massa 13, chiederanno nei prossimi giorni un incontro urgente agli Assessorati competenti, per porre il più presto possibile, ma comunque tardi, rimedio a questa situazione. Ribadiamo l’impegno, la responsabilità e la volontà dei cacciatori di contribuire a contrastare l’emergenza, ma anche le Istituzioni devono fare la loro parte (fonte: FIDC).