L’impressione è quella di trovarsi davanti a interventi tampone, sempre utili a limitare i danni, ma non in modo incisivo (e certamente non di risolvere la situazione). Il problema è quello del proliferare dei cinghiali, e di tutto quanto ne consegue. La soluzione?
Beh, a dire il vero nel vertice che si è tenuto ieri mattina (11 settembre 2015 ndr.) in Prefettura di idee ne sono volate molte, la maggior parte delle quali (fra l’altro proprio quelle ritenute più efficaci) inapplicabili.
Ma andiamo con ordine, e partiamo proprio dalla necessità di convocare una riunione in prefettura su un tema così particolare: i cinghiali. Eppure che si trattasse di un argomento sentito lo ha dimostrato la partecipazione all’incontro, con i rappresentanti di quasi tutti i Comuni della provincia (soprattutto, non a caso, della Garfagnana e della Mediavalle), con esponenti del mondo venatorio, con i vertici delle forze dell’ordine e della stessa Provincia.
A presentare l’incontro il viceprefetto Samuele De Lucia, che ha avuto il suo bel da fare a gestire il dibattito con la mole di mani alzate che si sono levate dopo gli interventi dal tavolo, in particolare da parte del comandante provinciale del Corpo Forestale Maurizio Folliero e del capogabinetto dell’assessorato regionale all’agricoltura, ossia l’ex assessore provinciale Diego Santi. Tante autorità e tante domande, per un problema, quello appunto della proliferazione dei cinghiali, dei danni provocati all’agricoltura, del loro progressivo (e nemmeno troppo lento) avvicinarsi alle aree urbanizzate, e dei possibili rischi connessi.
Insomma, servono delle strategie per fermare questa invasione, e Diego Santi ha presentato le novità sulla normativa regionale della caccia che guardano proprio in questa direzione (e che dovrebbero essere introdotte nell’arco di un mese). In particolare dovrà essere introdotta la possibilità di organizzare due battute al cinghiale (una poco dopo l’apertura della stagione di caccia, la seconda poco prima della sua chiusura) anche nelle aree protette, usate da questi animali come rifugio dai cacciatori. Quindi la necessità di procedere, nelle aree urbani, con la cattura (studiando anche un metodo per la gestione e la commercializzazione delle carni provenienti da queste catture) e poi una serie di correttivi, come il ricorso a una rotazione di squadre di cacciatori là dove l’attività venatoria si rivelasse inefficace.
Il commento della platea si può racchiudere in una frase: queste novità saranno certamente utili, ma non bastano. Le controproposte sono state diverse: dalla possibilità di creare 4 giornate di caccia al cinghiale prima dell’apertura della stagione (magari togliendole dal calendario venatorio), modificare il calendario venatorio stesso anticipando l’apertura, tornare a consentire la cosiddetta “caccia sulla neve”. Idee efficaci? Forse, ma di certo non applicabili, perché vanno contro quella che è la legge nazionale in materia di caccia, e la Regione non ha la possibilità di intervenire sulla stessa.
Santi ha spiegato che in effetti anche a Roma qualcosa si sta muovendo per cambiare le leggi e adeguarle alla realtà attuale, ma ha anche sottolineato che non sarà un processo tanto veloce. E che comunque occorre fare qualcosa. E un’altra idea è quella proposta dal comandante della forestale Folliero, il quale ha invitato i comuni a predisporre ordinanze per la pulizia dei terreni, in modo da ridurre le aree incolte dove gli stessi cinghiali possono proliferare.
Anche qui la proposta, in teoria giusta, ha sollevato più di un mugugno tra chi i Comuni li amministra. In particolare per due punti, ribaditi in più interventi: le ordinanze vengono già fatte, le multe vengono elevate, ma la dove non vengono rispettate il Comune non può far nulla. Certo, dovrebbe intervenire a spese proprie per poi farsi rimborsare dai proprietari inadempienti. Ma a fronte di rimborsi la cui riscossione avverrà chissà quando, devono spendere soldi che è sempre più difficile trovare.
E poi l’altro aspetto, dal sapore della beffa: il primo presidio del territorio è rappresentato dai contadini, ma a fronte dei danni dei cinghiali e dei mancati rimborsi (concessi solo a chi ha la partita Iva agricola, cioè pochissimi), lasciano perdere tutto, non curano più i terreni, e i cinghiali trovano nuovi spazi e portano nuovi danni. Un circolo vizioso illustrato tra gli altri dal sindaco di Minucciano Nicola.
Poli, il quale ha anche invitato a concentrarsi non solo sul problema dei danni all’agricoltura, ma anche sulla questione sicurezza, vuoi per i rischi alla viabilità, vuoi per il pericolo di un faccia a faccia con l’uomo: “Ho avuto – ha sottolineato – i cinghiali nel giardino della scuola”.
( 14 settembre 2015 )
Fonte: IlTirreno-Lucca