In merito al dibattito sull’emergenza cinghiali e sull’eventuale responsabilità della Provincia e dell’Ambito Territoriale di Caccia La Spezia è intervenuto Antonio Bonanini, direttore dell’ATC spezzino che ha attaccato duramente l’operato del Parco in tal senso, “Come è noto a cittadini, cacciatori e residenti, le “azioni” di contenimento del cinghiale adottate dal Parco sono sempre state estemporanee, inadeguate e contraddittorie, determinando ad aggravare il problema anziché a risolverlo”.
“Basti dire, – ha proseguito Bonanini – come può agevolmente ricavarsi dalle fotografie allegate, riscontrabili da ogni cittadino che si rechi sul posto, che quella recinzione che tanto è costata ai contribuenti, anche spezzini, e che avrebbe dovuto impedire l’accesso al Parco ai cinghiali, giace in molti casi abbandonata da anni nel bosco ed ampi spazi di territorio sono del tutto accessibili agli animali”.
“Per esempio, – ha spiegato il presidente dell’ATC – è aperto un varco di circa 300 metri, dalla “monorotaia” al mare, che consente da anni ai cinghiali di raggiungere liberamente Schiara, lasciando le femmine di riprodursi direttamente all’interno del Parco. Si è istituita, quindi, una popolazione di cinghiali nata e cresciuta all’interno del Parco e che mai ne uscirà, aumentandone esponenzialmente il numero di esemplari, i quali, come è noto, hanno un alto tasso di fertilità. La recinzione, peraltro, quando è installata, viene posizionata e resa operativa con modalità del tutto inidonee e contrastanti con le indicazioni dell’ISPRA ed anche, paradossalmente, con quelle a suo tempo formulate dal Parco stesso nel “Piano di gestione del cinghiale 2013/14”, che seppur superato temporalmente non può certo esserlo sotto il profilo della corretta gestione del fenomeno”.
Continuando spiega ancora Bonanini, “Analoga sorte – come da fotografie – è toccata a molte “trappole”, anch’esse comprate con i soldi dei contribuenti, rimaste non operative e prive di manutenzione. Risulta difficile, quindi, che possa essere ridotto il numero di cinghiali all’interno del Parco, e possa essere ridotto il numero di danni alle colture e alle opere faticosamente realizzate dai residenti, quando gli animali possono entrare liberamente, riprodursi in abbondanza e poi scorrazzare in un’area vastissima”.
Il presidente dell’ATC poi aggiunge, “Sotto il profilo dell’abbattimento degli animali in sovrannumero, le cose non vanno certo meglio. I cacciatori selecontrollori – scelti direttamente dal Parco – che dovrebbero opporsi a quell’aumento esponenziale di cinghiali, sono in numero assai ridotto ed hanno un’età media elevata, che mal si concilia con territori impervi e faticosi per chiunque, tenuto conto che spessissimo gli animali sono arrivati e stazionano quasi a mare (e per un operatore, anziano e non, fare più volte il percorso monte/mare e viceversa non è certo facile)”.
“E’ quindi in modo pretestuoso e irrilevante – ha affermato Bonanini – che il Presidente del Parco abbia indicato come causa del problema dei cinghiali nel Parco il mancato completamento degli abbattimenti nel territorio esterno al Parco nella passata stagione venatoria, sia perché non è vero sia perché, come detto, le cause sono ben altre. In ordine al lamentato mancato completamento, è assai agevole rammentare al Presidente che il contingente dei cinghiali da abbattere nella precedente stagione (in territorio, si ripete, esterno al Parco) era di 3.000 capi e non 4.000 e che quindi il contingente indicato è stato realizzato”.
Bonanini poi ha aggiunto, “Quotidiana, inoltre, è stata l’attività – sempre esterna al Parco – di contenimento e controllo organizzata e disposta dall’Ambito, incaricato dalla Provincia, che ha portato a realizzare, da febbraio ad oggi, più di 400 interventi e all’abbattimento di circa 200 cinghiali. Ben altre azioni, quindi, servirebbero, rispetto a quelle indicate dal presidente del Parco, per affrontare e risolvere il problema dei cinghiali all’interno del Parco delle Cinque Terre, il quale, in assenza delle stesse, si aggraverà sempre di più”.
A tale riguardo, – ha dichiarato Bonanini – l’Ambito Territoriale di Caccia si è sempre reso disponibile, ovviamente previa intesa con le Amministrazioni e gli Enti competenti, a mettere a disposizione il proprio decennale patrimonio tecnico di conoscenza del fenomeno, ove necessario anche in via operativa con l’ausilio di cacciatori coadiutori e selecontrollori dotati di adeguata formazione ed esperienza per intervenire in situazioni difficili”.
Dispiace, quindi, – ha concluso Bonanini – che tale patrimonio sia stato sempre, dal Parco e dai suoi organi, accantonato sotto tutti i profili, consultivi, tecnici e operativi. Non sorprende, invece, che il presidente, evidentemente occupato in questioni più “urgenti”, neppure si sia accorto che la competenza sulla fauna selvatica sia nel frattempo passata dalla Provincia alla Regione”.
Immediata è stata la replica di Vittorio Alessandro, presidente del Parco Nazionale delle Cinque Terre, “Il Signor Bonanini ci sembra uomo di ruvida schiettezza e, abbiamo visto, di poche parole. Allora con pari schiettezza gli diciamo, se non lo avesse ancora capito, che neanche a noi piace la situazione dei cinghiali alle Cinque Terre (chissà come sarà arrivata qui da noi questa specie di suini non indigena, così prolifica e dannosa). Non ci piace doverla affrontare in un territorio così difficile, non ci piace che il prezzo più alto venga affrontato dagli agricoltori, però non accettiamo critiche infondate”.
“Egli pubblica, per esempio, – ha spiegato Alessandro – la foto di reti lasciate a disposizione per le ulteriori recinzioni rispetto a quelle già previste e realizzate dal Parco. Tra queste non ci sono i 300 metri di Schiara dalla monorotaia al mare, perché – Bonanini lo sa benissimo – sono un tratto di costa molto scosceso con ripide falesie e zone franose, dove la posa di una recinzione costituirebbe un’impresa. Nella zona della fotografia, invece, le reti sono state posizionate, e con ottimi risultati”.
Proseguendo ha poi affermato il presidente del Parco, “Il signor Bonanini mette poi mano ai numeri, e allora è doveroso che egli ci offra anche qualche precisazione su quei dati. Nella stagione venatoria 2013 – 2014 venne assegnato all’Ambito Territoriale Caccia (circa 88 mila ettari) un obiettivo di 4 mila capi da abbattere, invece ne vennero abbattuti soltanto 2.259. Nella successiva stagione venatoria, inaspettatamente, l’obiettivo dei cinghiali da abbattere, piuttosto che aumentare (dato il mancato risultato della stagione precedente), è stato portato a 3 mila, neanche quello raggiunto. Nell’anno in corso, dice lo stesso Bonanini, fuori dal Parco (ripeto, quasi novantamila ettari) sono stati abbattuti 200 cinghiali, ma nei 3.872 ettari del Parco ne sono già stati eliminati circa 70. Proviamo a fare una proporzione di efficienza? Lascio il facile calcolo al mio cortese interlocutore”.
“C’è una cosa, però, – si è chiesto concludendo Alessandro – che continuo a non capire: il motivo per cui il Direttore dell’Ambito Territoriale Caccia della La Spezia abbia aperto una stravagante stagione venatoria nei confronti del Parco Nazionale. Forse perché non ha cose più importanti a cui pensare – come lui dice, con delicata ironia, rivolto a me. Oppure ha un’idea che non confessa: aspettiamo con ansia che la dichiari, così tutti potremo capire di più”.
( 25 settembre 2015 )
Fonte: Gazzetta della Spezia – Parco Nazionale delle Cinque Terre