La scelta della Provincia di Biella di affidarsi ai cacciatori “d’importazione”, cioè provenienti dalla provincia di Torino, per gestire l’emergenza cinghiali non è piaciuta alle doppiette biellesi. Proprio nelle prossime ore ci sarà la firma della convenzione che affiderà a questi cacciatori la riduzione del numero di ungulati. Secondo Roberto Mò, numero uno di Enalcaccia, si è puntato su una soluzione a effetto, ma non è l’unica voce del mondo venatorio di Biella che ha espresso il suo dissenso.
In particolare, l’operazione desta perplessità, come ad esempio per quel che riguarda la conoscenza da parte dei cacciatori torinesi dei territori, dei confini e delle abitudini dei selvatici in un’altra provincia. Tutte queste nozioni non possono essere apprese in poco tempo. Andrea Lanza, presidente provinciale di Federcaccia Biella, ha ricordato l’episodio di Salussola, quando un allevatore ha allontanato i cacciatori intervenuti perchè preoccupato per le sorti del suo raccolto di mais.
In poche parole, ci sono ancora troppe contraddizioni. La convinzione che gli sforzi profusi finora dai cacciatori biellesi siano stati inutili è forte. C’è anche chi ha ipotizzato un blocco forzato della caccia al cinghiale il prossimo anno, anche se i mesi per discutere e appianare le divergenze ci sono tutti.