L’emergenza covid, tra lockdown e zone rosse, ha contribuito a far schizzare verso l’alto i danni alle colture provocati dai cinghiali. Nel solo ambito di pianura Bi1, secondo i dati resi noti dal presidente Guido Dellarovere, le richieste di risarcimenti per il 2020 ammontano a 356 mila euro, un +43% rispetto all’anno precedente (249 mila euro); in montagna la cifra è stabile a 47 mila euro, solo mille euro in più rispetto al 2019. «I cacciatori nel 2020 hanno abbattuto in tutta la Provincia 1213 cinghiali, rispetto agli 881 del 2019, a riprova di un impegno eccezionale – spiega Dellarovere –.
Un dato è pero emblematico: in montagna, lockdown o no, i danni sono stabili, mentre in pianura è diverso: con la gente rinchiusa in casa, gli animali hanno avuto meno occasioni di disturbo». I danni vengono risarciti al 90% dalla Regione e per il resto dall’Atc o dal Ca, in base a dove si trova l’appezzamento di terreno. Se l’area rientra in una zona interdetta alla caccia, a pagare è la Provincia per una quota marginale del 10%. Il comparto biellese è tra i più virtuosi del Piemonte, in termini di velocità di perizie e di rimborsi: in pianura è già stato saldato tutto il 2019, mentre in montagna si stanno saldando in queste settimane le pratiche 2020.
«Spiace che i danni crescano, ma questo sta a dimostrare – conclude Dellarovere – che bisogna mantenere alta l’attenzione su queste specie in forte crescita numerica. Solo con un contenimento puntuale, e per questo va il mio ringraziamento a tutti i cacciatori, riusciamo ad attenuare gli effetti di questa proliferazione. In un’ottica di formazione e di maggiore contrasto ricordiamo che scadono entro fine mese le prenotazioni per i corsi di capo squadra per il cinghiale, di caccia di selezione all’interno dei parchi in collaborazione con l’ente gestore». Per il presidente di Coldiretti Biella-Vercelli, Paolo Dellarole, i numeri evidenziano la gravità della situazione, che rischia di finire fuori controllo. «Non è più solo un problema degli agricoltori – spiega Dellarole –, sta diventando una questione di pubblica sicurezza a causa dei sempre più frequenti incidenti stradali. Ci vorrebbe un piano straordinario, con la possibilità di abbattere tutto l’anno anche nelle aree protette» (La Stampa).