Di recente il Tribunale Amministrativo Regionale di Bari si è occupato di una erronea valutazione discrezionale dell’affidabilità nell’uso dell’arma, una sentenza approfondita e spiegata dallo Studio Legale Cataldi. Il caso è quello della Questura che sospende la licenza di caccia a causa di una custodia non assicurata nei modi prescritti dalla legge. Il fucile, con apposita custodia, era a vista in una stanza della casa, mentre un altro era stato collocato su una cristalliera del soggiorno.
In aggiunta, le cartucce caricate a pallini si trovavano all’interno di uno zaino. Il deferimento e il sequestro erano state le conseguenze del controllo. Il titolare della licenza si è difeso con diverse motivazioni, tra cui i 50 anni dello stesso documento, la condotta impeccabile, l’assenza di precedenti penali, i cani da guardia in giardino, l’assenza di furti in casa e il fatto di vivere da solo, senza minori o incapaci.
Tutti gli argomenti sono stati considerati insufficienti per valutare l’affidabilità del cacciatore, ma il TAR gli ha dato ragione. In pratica, la valutazione doveva essere più attenta e approfondita, per non parlare delle “frasi stereotipate” usate per sospendere la licenza. Le conclusioni sono state ritenute sbagliate e rese nei confronti di una persone senza condanne e che non esercita alcuna attività professionale con le armi.