Con un pregresso venatorio di parecchi decenni unito all’interesse di sondare i diversi calibri sia delle canne rigate che di quelle lisce, abbiamo sperimentato con molto anticipo il piacere d’impiegare tanto i grossi con il 10/89 Mag, i medi con i diversi 12 con bossolo da 89/76/70 mm insieme al 16 e al 20, sia 70 che 76, e poi i piccoli con il 24, il 28, il 32, il 36 e il suo fratello estrogenato 36/76, detto all’americana .410 Mag. Fra questi ci siamo focalizzati sul 24, oramai in obsolescenza, ma a Gardone le cartucce si trovano sempre, usato a quaglie con il cane, ma più ancora ci siamo appassionati al 28 e al .410 Mag. Nel primo di questi già avevamo un sovrapposto costruito da Oderda di Ceva nel 1970, ma l’impiego all’epoca era pressoché limitato alla caccia al capanno; al secondo siamo approdati circa nel 1980 quando la disputa fra le due piccole cariche si stava consolidando e i fucili appositi offrivano già una scelta ben suddivisa fra elementi validi a prezzi abbordabili e altri di classe elevata prodotti da Case di nome e di fama. Ancora non erano arrivati i prodotti dalla Turchia e la zona di Gardone poteva soddisfare la gamma di richieste di una clientela tutta in sviluppo.
Un amico fine conoscitore delle armi ci propose un giorno un’elegante doppietta ponendo sul tavolo questa F.lli Piotti B.S.E.E. Piuma camerata proprio per l’agognato .410 Mag. Diamo una descrizione dell’insieme e dei particolari salienti premettendo che la finitura con incisioni contenute, ma tutte a bulino, e la tartarugatura realizzata su toni molto inglesi mantiene un sottotono, o basso profilo, che a molti può apparire diminutivo, ma che è e rimane un segno di gran classe e di signorilità.
L’impianto tecnico
Le prime mosse sui calibri medio piccoli vedevano diversi costruttori montare canne del 20 e persino del 28 su bascule del12 assicurando un obbrobrio estetico e anche tecnico per l’aspetto difforme e la massa incongrua che ne derivava. Si sono poi realizzate bascule specifiche per il 20 e di lì quelle sovente abbinate per 28 e .410 Mag. compiendo un sostanzioso passo avanti. Ma la bascula specifica per ogni calibro è appannaggio di pochissime Case che ricercano il perfezionismo meccanico ed estetico: la F.lli Piotti è proprio fra queste. Le sue doppiette B.S.E.E. erano proposte fin dagli inizi, e parliamo dei primi Anni 60 in tutti i calibri, così allora usava e ogni cartuccia, quindi ogni sezione di canna, aveva il suo corrispettivo proporzionato nella bascula.
Questa doppietta dei Piotti è un classico fucile fine, all’epoca venduto a prezzi non eccessivi, anzi diremmo proprio abbordabili. L’impianto vede la bascula in acciaio forgiato lavorata poi di fresa e con la stozzatrice per ricavare le sedi dei due tenoni i cui bordi sono a spigoli vivi e fra cui spicca il traversino integrale. Da osservare la cerniera con le giuste striature apportate dalla croce messa perfettamente in tiraggio, il perno di rotazione delle canne e l’incastro del loro limitatore di apertura; dalle aperture simmetriche della stessa cerniera si notano appena le due levette per l’armamento delle batterie mentre sporgono i denti di azionamento degli eiettori: ogni pezzo è finito in maniera encomiabile. La faccia di bascula è completamente piana e si notano solo i fori dei percussori.
Dal massello di ogni canna viene ricavato il semipiano e i due tubi risultano uniti in demibloc, non integrale: il gruppo dei tenoni infatti viene lavorato a parte, quindi inserito fra le canne con una fresatura a coda di rondine saldata a lega d’argento. Fra canne e tenoni si ricava la sede dei gambi degli estrattori: il meccanismo di eiezione automatica è posizionato nell’asta. La batteria è del tipo Anson & Deeley servita da due grilletti: il sistema non è di facile messa a punto, ma in questa doppietta la prontezza, e la dolcezza di scatto sono magistrali così come funzionano a meraviglia gli eiettori che proiettano entrambi i bossoli a giusta e pari distanza. Il suono di tali meccanismi è, per l’orecchio allenato, una componente di non secondaria importanza nella classificazione dell’arma.
La calciatura in due pezzi, ricavata da massello di noce molto compatto e dalle piacevoli venature scure, presenta forme classiche con impugnatura all’inglese su cui si distende con gradevole linea il guardamano, appropriata estensione dell’ovale della guardia. Una nota ulteriore di raffinatezza: il calciolo finito a legno, quindi non con un pezzo riportato, ma con un lavoro di minuta zigrinatura direttamente sulla parte terminale del massello. Non poteva essere da meno la bindella ombreggiata, o meglio per dirla con i fabbricanti di Herstal toilée ottenuta tirando a mano la lima posta di traverso incrociando i segni e creando così un effetto opacizzante di rara funzionalità e bellezza. Ugualmente apprezzabile la classe delle pregevoli incisioni a bulino e soprattutto della finitura jaspée o tartarugata che dir si voglia, dai toni soffusi e tenui che ben ricordano certe magistrali esecuzioni ingl
Per concludere
Non ci siamo spesi molto per descrivere questa graziosissima doppietta: quel che vorremmo si notasse, soprattutto dalle immagini, è la scelta dei particolari dell’impianto insieme alla classe delle lavorazioni, quanto concorre a far definire un’arma come “fine”. Quel che non possiamo trasmettere, ma lo raccontiamo, è la sensazione di piacere che si percepisce in ogni manovra: dall’azionamento della chiave all’apertura delle canne, dalle giuste dimensioni d’insieme che, pur rimpicciolite, consentono una messa in mira pronta e a segno, agli scatti dei due grilletti di rara finezza e all’uguale preciso lavoro degli eiettori.
Nelle more del servizio fotografico abbiamo ancora notato un particolare. Tolto l’olio tutto dove fosse necessario, avevamo in mano le canne osservando gli estrattori in posizione di riposo: data una minima spinta ai gambi con il bordo d’una cartuccia e mantenute le canne in verticale con la culatta in basso abbiamo constatato che con tre colpi della mano sulle canne stesse i due estrattori scendevano gradualmente al limite della loro corsa. Oggi a molti, purtroppo, tali raffinatezze dicono nulla o quasi: a noi danno un sottile piacere che richiama l’opera di specialisti in lima e tele smeriglio con capacità manuali e colpo d’occhio che innalzano questo lavoro a opera d’arte.