La Sezione Prima Ter del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio si è espresso sul ricorso presentato da un uomo contro la Questura di Roma per l’annullamento della revoca della licenza di porto di fucile uso caccia. Nel 2010 questa persona è rimasta coinvolta in una lite familiare con la moglie: la donna riportò una ferita allo zigomo e inizialmente al pronto soccorso accusò il marito di essere stato il responsabile.
Subito dopo aveva cambiato versione, spiegando di essere in stato confusionale e di essersi ferita da sola. Inoltre, il certificato medico era stato contestato, riducendo i centimetri della ferit e i giorni della prognosi. La licenza di caccia è stata ritirata proprio in seguito a questo episodio e l’uomo si è quindi rivolto ai giudici amministrativi. Il ricorso è stato però respinto. I giudici si sono fidati di quanto comunicato dall’ospedale in quella occasione e non della ritrattazione successiva.
In aggiunta, la Polizia era intervenuta nell’abitazione dei coniugi anche otto anni prima, un precedente che ha fatto la differenza. La situazione di conflittualità familiare è quindi determinante per valutare l’affidabilità o meno di un soggetto in merito al possesso delle armi. Non è la prima volta che viene pronunciata una sentenza di questo tipo da un TAR.