Anche Arci Caccia ha affrontato la questione dell’ipotetico divieto dell’attività venatoria a 500 metri dalla costa marina della Puglia. La sezione regionale ha espresso tutto il proprio dissenso, ricordando come questo tema sia stato portato avanti dagli “anticaccia di professione” con toni intimidatori e infuocati. L’intenzione dell’associazione è quello di agire anche dal punto di vista legale per frenare chi ha messo sullo stesso piano e in modo disonesto la caccia e il bracconaggio, incolpando i cacciatori di responsabilità inesistenti.
Arci Caccia Puglia vuole comunque replicare con la pacatezza della ragione e ha dunque elencato i due articoli legislativi che parlano chiaro. Ecco di cosa si tratta: Articolo 1 legge 157/92: diversamente da quanto affermato da VAS, l’articolo 1 comma 5 stabilisce che le regioni devono istituire zone di protezione lungo le rotte di migrazione dell’avifauna. La Regione Puglia ha istituito, da molti anni, numerose zone di protezione lungo le rotte di migrazione, sotto vari istituti. Su questo punto non vi è alcuna benché minima mancanza da parte della Regione Puglia, e ancora meno alcuna inadempienza riguardo la Direttiva 147/2009/CE.
Articolo 21 comma 2 legge 157/92: questo articolo prevede che scatti il divieto di caccia a 500 metri dal mare, solo nel caso in cui le regioni non abbiano istituito zone di protezione lungo le rotte di migrazione. La Regione Puglia ha istituito un numero elevatissimo di aree sottoposte a protezione, che limitano lo svolgimento dell’attività venatoria agli uccelli acquatici, sebbene consentita dalla legge. Il comunicato si conclude con una citazione di una celebre canzone di Franco Califano: “Il resto è noia di cui si alimentano gli anticaccia”.