Digiscoping – Come ben sanno i digiscopers, il ‘problema’ fondamentale di questa tecnica è l’assenza di ‘pulizia’ nelle immagini realizzate con il lungo. Con il termine ‘pulizia’, tuttavia, molti confondono la sfocatura con il mosso, e viceversa; specialmente a causa dei maxi-ingrandimenti. Si tratta di due ‘malattie’ ben diverse tra loro, che richiedono come tali due ‘medicine’ ben differenziate. Vediamole nel dettaglio, partendo dalla diagnosi del ‘male’, riconoscendo cioè quando una fotografia risulti sfocata e/o quando risulti mossa, o micromossa.
Una fotografia SFOCATA sul soggetto è un’immagine nella quale la messa a fuoco (MAF) non è andata sul punto voluto. E, magari, ha privilegiato un particolare secondario davanti o dietro il soggetto stesso. La fotocamera non può sapere se vogliamo mettere a fuoco l’albero dietro cui si nasconde il capriolo, oppure la vegetazione che sta sullo sfondo. Talora accade – caratteristica tipica dei forti ingrandimenti del Digiscoping – può accadere che in un soggetto frontale, che ci guarda e che non sia in posizione ‘da cartolina’, la MAF vada (volutamente) sul muso e sfochi di conseguenza la coda o la parte posteriore.
La soluzione, in Digiscoping, è, ovviamente, una MAF corretta sul punto voluto.
In questo caso, occorre differenziare a seconda della fotocamera utilizzata. Se usiamo una reflex con TLSAPO dobbiamo comunque focheggiare – a mano – sul lungo, escludendo l’Autofocus della fotocamera e lavorando in focheggiatura M (manuale); se usiamo, invece, una Mirror Less, o uno SmartPhone, dobbiamo pur sempre fare una MAF manuale e approssimativa sul lungo, lasciando però alla fotocamera il lavoro di ottimizzare la MAF sul punto voluto: dove si tocca il monitoti, con il dito leggero (in touchscreen), va sia l’esposizione che la MAF. Non è un vero e proprio Autofocus totale, ma tutto funziona con una focheggiatura a rilevamento (o contrasto) di fase che agevola in modo determinante l’operazione; detto in modo più tecnico, il rilevamento di fase ‘legge’ il fuoco corretto sulla seconda lente del lungo: solo così accade il ‘miracolo’ per cui una MAF non ottimizzata manualmente diventa perfetta – e nel punto voluto – grazie a questo tipo di AF automatico.
Una fotografia MOSSA, invece, è un’immagine nella quale tutto ciò che è compreso nell’inquadratura appare confuso e poco nitido. Il movimento o la vibrazione nel punto di ripresa può apparire insignificante, ma sulle lunghe distanze è un vero e proprio terremoto. Oppure la foto risulta mossa, quando il soggetto fa un brusco movimento nell’esatto momento dello scatto.
La soluzione, in digiscoping, si basa sulla massima stabilità dell’attrezzatura.
Per ottenere questo scopo non occorre soltanto un buon trepiede e una testa trepiede robusta (non a sfera), ma soprattutto il bilanciamento dell’attrezzatura. Questo si ottiene – come abbiamo visto – con la ricerca del baricentro entro il quale tutto resta stabile e senza sforzo. Il risultato finale è quello per cui, dopo aver effettuato l’ingaggio, non serve più serrare i fermi: il lungo si stabilizza – senza giochi passivi – nell’esatto punto voluto. Questo è il grande vantaggio della nuova testa bilanciata PTH della Swarovski Optik, in sinergia con la nuova slitta di bilanciamento BR.
Per “fermare” il soggetto, i cacciatori sanno bene come usare la voce e i richiami, ma la soluzione ideale è lo scatto remoto (anche quello silenzioso), dimenticando i vari VR e la profondità di campo elevata che hanno scarsa influenza in Digiscoping.
Proprio per evidenziare queste fondamentali differenze fra foto mosse e foto sfocate, nel nostro ultimo libro – Storie di Digiscoping – abbiamo allegato una Guida tecnica ed ogni foto è corredata dai metadati reali per evidenziare i parametri tecnici utilizzati. Per prenotazioni: [email protected]