Quasi tutti gli animali selvatici hanno la cattiva abitudine di uscire dal bosco quasi sempre all’alba o al tramonto. Questa preferenza per le ore crepuscolari crea, anzi creava, non poche difficoltà per la caccia fotografica con il ‘lungo’: oggi, infatti, grazie ai programmi delle moderne reflex digitali, all’assenza di ‘rumore’ offerta dagli alti ISO e, soprattutto, grazie al grande valore crepuscolare (misurato in DIN) dei lunghi Swarovski Optik, il ‘buio’ è sconfitto.
Vediamo cosa e come fare sia in questo spazio (con la storia esemplare di un giovane capriolo) sia attraverso le pagine del libro esclusivo “STORIE di DIGISCOPING”, dove ogni fotografia è accompagnata dai metadati reali: una precisa scelta grafica che ha (volutamente) mantenuto le luci originarie e i relativi tempi d’esposizione, anziché manipolare pesantemente le immagini in stampa, rendendole migliori, patinate, luminose come in pieno giorno ma…palesemente false.
Un giovane capriolo oltre il tramonto.
Ottobre. Fa freddo e abbiamo un ‘problema’ fotografico da affrontare: ai caprioli piacciono le ore crepuscolari; finchè il sole illumina bene il prato è ben difficile scorgere un soggetto allo scoperto. Quando, tuttavia, le ombre corrono veloci, i caprioli, le volpi, i cinghiali e gli altri selvatici iniziano a muoversi. Ciò mette a dura prova i lunghi e le capacità di esposizione delle fotocamere. Per questi motivi, da quando il sole è sparito dietro il bosco, controlliamo ogni mezz’ora i dati dell’esposizione. Per ora, siamo ancora in condizioni ottimali, ma sappiamo bene che presto dovremo adeguarci alle luci del tramonto. Accade la stessa cosa – all’inverso – prima e dopo l’alba. Temo che il capriolo, questa sera non uscirà. Pazienza, sarà per un’altra volta. Conviene tornare a casa. Consideriamo, anche, che – con le ‘vecchie’ attrezzature fotografiche e gli antichi ASA – saremmo sulla via del ritorno da almeno mezz’ora. All’improvviso, nel silenzio assoluto, sentiamo il brucare di un animale. Non lo abbiamo visto uscire, ma è di fronte a noi (a meno di 80 mt) e mangia tranquillamente. La luce è così scarsa che non riusciamo neppure a cogliere la classe d’età o sesso. Solo una sagoma confusa e indistinta che spunta dall’erba ancora molto alta, rispetto alla stagione. Mentre quasi ingoiamo la piccola pila messa in bocca per raccogliere le nostre cose e lasciare il posto, proviamo a inquadrare il punto dove supponiamo sia il capriolo. Nel mirino è buio pesto; inseriamo allora il live-view, inquadriamo nel lungo ai minimi ingrandimenti e ritorna…giorno.
I 1600 ISO non sono più sufficienti; dobbiamo spingere a 3200 e 6400 ISO. Ora vediamo finalmente che si tratta di un soggetto molto giovane, con un timido abbozzo di stanghe; non ci vede, non ci sente, ma il lungo ci regala un’immagine ‘luminosa’ assolutamente inimmaginabile fino a pochi anni fa. L’alto valore crepuscolare del lungo Swarovski ci fa sorridere se pensiamo ai modelli ‘economici’ sconfitti al tramonto. Scattiamo alcune foto, nei momenti in cui l’animale sta relativamente fermo – dobbiamo usare un tempo d’esposizione inferiore a 1/10” !!! – e non riusciamo a contenere l’emozione di aver sconfitto… il buio!
Questa semplice storia non è che un esempio della ‘filosofia’ che pervade tutte le immagini del Libro sul Digiscoping, nelle cui pagine i protagonisti non sono soltanto gli animali, ma i digiscopers e le condizioni, spesso difficili, di luce ed esposizione. Da ciò deriva la scelta di mantenere le impostazioni di menu senza forzare la postproduzione. Il problema del “buio” è molto sentito dai digiscopers e da tutti coloro che conoscono bene gli animali selvatici. Tutti ci chiedono: “Come hai fatto???”, “Che programma hai impostato?? ”, “Come hai eliminato il rumore digitale?” e cose di questo genere. Vale la pena di dare una risposta precisa a queste domande.
Il “BUIO”.
Sintetizzando la questione ‘buio’ dal punto di vista fotografico dobbiamo semplicemente sfruttare al meglio le qualità degli obiettivi e/o dei telescopi. In pratica, se vogliamo ottenere buoni risultati, non resta che tradurre in un file fotografico l’eccezionale valore crepuscolare offerto dai lunghi. In altre parole, il sensore della fotocamera deve poter leggere ciò che il lungo offre, con particolare riferimento alla luminosità della scena, che spesso è superiore a quella che percepiamo a occhio nudo. La scena anche senza sole ha pur sempre una propria luce, radente, che disegna le cose e i soggetti con sufficiente precisione: questa è la “luce” che dobbiamo catturare. A un certo punto della giornata (per esempio, al tramonto), però, la luce, inizialmente buona e radente, inizia a cedere il passo alle ombre, sempre più lunghe. E’ il momento magico della giornata, quello tanto atteso da animali e digiscopers. Gli ISO standard, però, non sono più sufficienti; la visione nel display o nel mirino non è più ottimale; la messa a fuoco non può essere più così precisa; i tempi di esposizione si avvicinano al pericoloso confine del micromosso; il flash non può intervenire; l’aria che ci separa dal soggetto diventa un ‘muro’ vero e proprio.
Che fare per tradurre il ‘miracolo’ di luminosità che i telescopi più luminosi offrono? Il primo ‘intervento’ riguarda gli ISO. Escludiamo l’AutoISO e impostiamo la regolazione in manuale. La luce varia (molto) al tramonto e resta abbastanza stabile dopo la scomparsa del sole: ciò ci costringe a impostare e controllare – circa ogni quarto d’ora – il valore ISO ottimale, con uno sguardo rivolto ai tempi di esposizione sotto i quali non vogliamo andare. Quale che sia il Programma, compreso il Manuale, teniamo il diaframma alla massima apertura e non ci pensiamo più. L’unica regolazione variabile diventa quindi quella degli ISO, a salire; se lavoriamo in Manuale, invece, rapportiamo anche i tempi di esposizione agli ISO. Facciamo un esempio pratico semplice. Dopo il tramonto, con luce scarsa, regolando a 400 ISO, in sinergia con gli ingrandimenti e diaframma del lungo, avremo un tempo d’esposizione che si aggira su 1/20”. Questo tempo – se siamo stabili sul treppiede – può essere sufficiente per soggetti fermi o in lento movimento; ma è troppo lungo in altri casi. Iniziamo, allora a salire di ISO. Se regoliamo a 800 ISO i tempi salgono a 1/40” circa. Talora può bastare, ma per poco tempo. Quando gli 800 ISO diventano insufficienti, possiamo tranquillamente salire a 1.600, con tempi di esposizione di circa 1/50”; un tempo che permette anche qualche soggetto che cammina. Quando il buio aumenta, è la volta dei 3200 ISO (con 1/80”) e dei 6400 ISO (con 1/100”). La principale obiezione dei fotografi chiama in campo soprattutto il grande “rumore” digitale a 3200/6400 ISO, o più, e le difficoltà oggettive di vedere (e focheggiare) nel mirino e/o nel monitor ciò che viene offerto dall’eccezionale valore crepuscolare offerto dai lunghi.
Per quanto riguarda “rumore” occorre dire che le immagini generate fotocamere digitali hanno sempre meno “grana” dell’analogico. Ma non solo: anche a 6400 ISO i nuovi sensori generano un rumore più che accettabile, talora quasi in modo difficile da credere per i vecchi fotografi. Ciò è dovuto ai nuovi sensori ed è ancora più straordinario nelle reflex semiprofessionali. Ricordiamo, infine, che scattando in RAW, o NEF, non solo si può correggere una foto troppo scura, ma esistono programmi per il PC creati espressamente per ridurre (con varie gradazioni) il rumore o eliminarlo del tutto. Circa la visione ottimale, per poter focheggiare agevolmente quando il gioco si fa duro e il mirino non basta più serve usare il Live-View: basta osservare e focheggiare sul monitor, anch’esso regolabile per luminosità, traducendo la precisa MAF manuale sulla ghiera millimetrica del lungo. In questo modo non solo si sceglie il punto voluto da focheggiare, ma…il buio è sconfitto!