Diana nr.12 dal 19 giugno 2012 è arrivata nelle edicole di tutta Italia.
La più famosa rivista italiana dedicata alla caccia è in edicola con il nr. 12 del 2012.
SOMMARIO – In Evidenza:
LE GALLINELLE del Diavolo
Nel delta del Po, a Fucecchio, nelle Maremme e in genere nelle zone d’acqua i cacciatori le dedicavano scarse attenzioni. Oggi la povertà faunistica le sta rivalutando. La loro vita tra falaschi e giunchi, il nido, i piccoli, le tecniche di cattura.
Testo di Rodolfo Grassi, foto di Maurizio Bonora
CONVIVENZA necessaria
Oltre la metà del territorio nazionale risulta ancora coltivato. La preoccupante diminuzione della piccola fauna nelle coltivazioni intensive. I danni causati dai selvatici ammonterebbero a circa 70 milioni. Rivalutare il ruolo dei cacciatori.
Testo e foto di Domenico Vigliotti, foto Archivio
Poker d’assi PER LA STARNA
Un tempo selvaggina principe del cacciatore col cane da ferma, oggi è rara in natura su tutto il territorio nazionale. Vero è che tuttavia tante ancora ce ne sono nelle aziende faunistico-venatorie. Altre ancora se ne incontrano frutto di sagaci interventi di immissioni fra la stregoneria e lo sperimentale: e poi c’è l’estero, dove davvero è tutto come un tempo.
Testo e foto di Andrea Aromatico
I romani le chiamavano Aves externae (di qui la denominazione di starne): a indicare gli uccelli che vivevano di fuori, cioè all’esterno -nella natura – distinguendole così dalle normali galline delle corti, quelle che invece vivevano prossime all’uomo. Linneo le qualificherà come l’archetipo della pernice in quanto tale (Perdix perdix). I cacciatori di tutto il mondo, dai super colti a quelli ignoranti come i greppi, ne faranno tutti e in ogni caso oggetto di culto per una ragione e solo quella: nessun’altra specie selvatica (e lo dico R. Massoli – Novelli nella maniera più categorica) permette di godere appieno del lavoro sagace di un grande cane da ferma quanto la starna, anzi, le starne come poi da sempre si presentano e campeggiano nei sogni e nel parlato venatorio. Già, perché se per esempio la beccaccia è archetipo da evocarsi sempre e solo al singolare, così come il fagiano o il beccaccino; le starne no, uno le pensa, le sogna le immagina e ne parla sempre al plurale, anche quando per evocarle usa quel termine che in pratica di starne è il sinonimo: brigata!
NIGHTHUNTER 8×44 e 8×56
Il top di gamma Steiner per la caccia esaminato in due versioni di pari ingrandimento ma con caratteristiche diverse, dal diametro della lente frontale alla disposizione dei prismi. Non è un caso, perché sono strumenti dedicati a compiti diversi.
Testo e foto di Roberto Allara
Per quanto riguarda gli ungulati, la caccia alla cerca è bella ma il più delle volte si caccia all’aspetto, con poche eccezioni alle due soluzioni, sostanzialmente costituite dal cinghiale in braccata. Qualunque sia il tipo di caccia praticato, questo non può fare a meno di un’accurata ricognizione del terreno, di un effettivo censimento delle prede cacciabili presenti in una certa zona e di un esame della preda individuata per determinare se essa sia cacciabile o meno in quella zona e in quella stagione. Se alcune determinazioni fini sono effettuate con l’ausilio del lungo, ottica ad alto ingrandimento da utilizzare in appoggio, è comunque indispensabile l’utilizzo di un binocolo. In una giornata tersa e in pieno sole quasi tutti i binocoli possono essere accettabili, ma nel momento in cui occorra discriminare qualche dettaglio dell’immagine o si debba individuare un selvatico che si mimetizza con l’ambiente circostante i binocoli economici finiscono per dimostrarsi drammaticamente inadeguati. Sono, infatti, i problemi che nascono nel discriminare i dettagli o quelli dell’osservazione in luce attenuata ad imporre che lo strumento ottico sia di buona qualità. Tra i fabbricanti di strumenti ottici di qualità, Steiner ha conquistato un posto preciso ed una posizione tutt’altro che trascurabile; inoltre la distribuzione da parte di Beretta, del cui gruppo il costruttore tedesco fa parte, consente una eccellente reperibilità degli apparati. Ve detto che Steiner si è specializzata fin agli inizi della propria attività nella costruzione di binocoli e solo da pochissimi tempo ha messo in produzione anche dei cannocchiali per fucile, che conto di provare. Se è vero che il buongiorno si vede dal mattino mi aspetto prestazioni elevate. Tra le serie di binocoli dedicati alla caccia, Steiner propone i Nighthunter, letteralmente “Cacciatore notturno” con riferimento alle ore tra l’aurora e l’alba e a quelle del crepuscolo e intorno al tramonto, quando molti ungulati escono dal fitto e diventano visibili per chi dispone di strumenti adeguati. E solo per loro. Ne ho in prova due versioni di pari ingrandimento, un 8×44 e un 8×56, che si diversificano fin dalla prima occhiata in quanto il primo ha prismi a tetto e il secondo ha prismi di Porro. Sono entrambi a listino, per cui evidentemente non costituiscono l’uno l’evoluzione dell’altro ma corrispondono ad utilizzi diversi.
L’EDITORIALE:
157/1992 il treno dei cacciatori perduto.
Il convoglio arranca fra convegni, incontri, tavole rotonde e fiere gastronomiche e la meta si allontana. Perché tutti son concordi nel dire che la legge è obsoleta convinti che nella ricerca del nuovo si possa far dimenticare la carente applicazione del vecchio.
E neppur ci si impegna per strologare il domani com’è accaduto in un recente convegno dove pareva di ascoltare profeti alla rovescia e autoreferenziali ( “mi complimento con te che hai detto bene di me”) intenti a scrutare il passato. Sul tavolo del governo vi sono alcune proposte per l’abolizione delle Province – un progetto legislativo degli anni Settanta che se fosse diventato vero quando lo elaborò Ugo La Malfa, sarebbe stato provvidenziale.
Oggi sospinto dalla protesta pubblica, è considerato una riparazione dovuta a chi paga le tasse. Ma nessuno si preoccupa che fine faranno le deleghe legate alla caccia e se il loro eventuale ritorno alle Regioni produrrà effetti positivi. Si continua insomma a camminare sulle parole lasciando riposare il cervello tenendolo lontano da logica, economia e politica che dovrebbero procedere insieme.
Insomma, si va lungo i binari vecchi in una povertà di progetti e proposte vitalizzati da qualche proposito orfano di consensi: morirà sugli spalti del forte da cui si immagina il futuro convinti che giungeranno dal loro deserto i Tartari.
Come accadde quando venne rispolverato il cosiddetto tavolo Stato-Regioni fingendo di dimenticare il Comitato faunistico venatorio da cui può effettivamente nascere la riforma. Eppure le risorse di pensiero e parole ci sono.
Una, con molti pregi, riguarda l’avifauna acquatica ed è firmata da Lorenzo Carnacina, un’altra concerne la selvaggina minore dove si fatica a conquistare ai carnieri lo storno ma ci si accontenta di cinque fringuelli convinti che anche il legislatore non sappia che dopo il quarto nessuno più li conta. E si inviano delegazioni a Bruxelles che tornano con il medesimo risultato di una gita scolastica.
Il terzo, elaborato dall’on. Sergio Berlato si riferisce alla Cultura rurale ed è il disegno di sindacato del territorio che potrebbe aggregare tutte le componenti della Società Civile. Ed infine c’è la proposta del coinvolgente Gabriele Cimadoro, cacciatore autentico, parlamentare intelligente che si preoccupa di un’opinione pubblica da recuperare alla caccia seria, territorio, prelievo e gestione.
Vederli immobili dal nostro treno 157/1992 che rischia d’esser deviato su un binario morto, ciascuno dei progetti appare come una lontana stazione perduta nella nebbia delle parole.
Rodolfo Grassi