Alle Regioni stanno giungendo dall’associazione ambientalista accuse infondate e pretestuose sulla caccia collettiva al cinghiale. Stupisce che Legambiente ricorra ad argomentazioni proprie di altre associazioni animaliste solite a speculare e giocare con l’emotività popolare. Sulla caccia al cinghiale in braccata, quelle di Legambiente sono elucubrazioni prive di fondamento, le paure della caccia come fonte di contagio mere fantasie e quelle lettere dal sapore intimidatorio inviate a funzionari e amministratori inaccettabili. Federcaccia si è già fatta promotrice di un intervento a livello unitario della Cabina di regia delle associazioni venatorie riconosciute e del CNCN per dare una risposta circostanziata e netta alle richieste di Legambiente alle Regioni.
Le poste, cioè i cacciatori, sono sempre ben distanziate fra loro e le regole e le norme di legge stabiliscono per chi pratica la caccia, qualsiasi tipo di caccia, distanze precise da strade, case, luoghi di lavoro… perfino dal singolo contadino sul trattore in mezzo al suo campo. E questo da molto tempo prima dell’insorgere del Covid-19.
In merito alla caccia al cinghiale in braccata, quelle di Legambiente sono elucubrazioni prive di fondamento, le paure della caccia come fonte di contagio mere fantasie e quelle lettere dal sapore intimidatorio inviate a funzionari e amministratori potrebbero essere viste anche come meritevoli di una denuncia per procurato allarme. Da ben prima dell’improvvido intervento di Legambiente, Federcaccia è al lavoro su un “Protocollo di sicurezza” per indicare le migliori pratiche da applicare all’attività venatoria in tutte le sue varie forme nel rispetto delle disposizioni governative in materia di prevenzione del contagio, così come si sta facendo per qualsiasi altra attività svolta dai cittadini italiani.