Illustrare la Casa Chapuis situata nel distretto armiero francese di St. Étienne è stato senz’altro molto interessante e ha creato una voglia impellente di provare uno dei fucili prodotti da quest’azienda. La proposta sui diversi settori delle armi lunghe spazia dalle canne lisce a quelle rigate e proprio queste ultime si pongono al centro della nostra attenzione: una telefonata e l’amico Claudio conferma come nella sua rastrelliera sia disponibile un express, proprio di quelli con canne parallele secondo la buona regola codificata dai Maestri inglesi negli ultimi anni dell’800. L’invito a provare questo eccellente esemplare dell’archibugeria transalpina è stato colto al volo e così ci siamo recati nel Canavese, il distretto metallurgico a nord di Torino, dove risiede il nostro anfitrione e dove parimenti è situato il poligono di Vidracco che ci ospiterà per le riprese fotografiche e la prova sul campo. Lasciamo la provinciale inerpicandoci su una breve strada laterale che termina nel piazzale del poligono dov’è comodo lasciare l’auto scaricando fucili e attrezzature: ci accoglie il Signor Egidio, responsabile della struttura, mettendoci a disposizione con amabilità e competenza tutto quel che può tornar utile in simili frangenti.
Le linee di tiro per arma corta e lunga sono situate in una valletta circondata da alte prode boschive e la massima distanza di tiro disponibile raggiunge i 100 metri: sono previsti porta bersagli a intervalli intermedi e, dopo una prima disposizione delle mostrine a 50 m consideriamo come la nostra vista innanzitutto, e poi la scelta di provare l’express in una situazione naturale, i 25 m siano la soluzione più praticabile. Abituati come siamo oramai a impiegare armi lunghe rigate dotate di ottica non ci siamo ricordati di portare l’occhialino da tiro che negli ultimi anni di agonismo abbiamo impiegato per le gare di pistola, ma che con un’opportuna modifica alla postura della lente, supplisce almeno in parte alle necessità del tiro con la carabina. Pazienza: ci acconciamo a traguardare tacca e mirino con i multifocali di uso quotidiano cercando di divinare in quelle masse scure e sfumate i riferimenti da porre sul barilotto arancione. Tuttavia, prima di sparare, desideriamo fotografare il bel fucile così da averlo ancora tutto intonso, lustro e pulito con le cartucce a disposizione, anch’esse da ritrarre per documentare le disponibilità e per completamento del quadro d’insieme. Ecco dunque l’express secondo Chapuis.
Due canne rigate parallele
Poggiamo il fucile su un tronco iniziando il dialogo visivo d’insieme: balza agli occhi la compattezza assicurata dalle canne di misura contenuta com’è logico che sia in un’arma da battuta, quindi pronta alla spalla e all’occhio, maneggevole e brandeggiabile con prontezza e rapidità. La calciatura in noce di appezzabile venatura e tinta di fondo marrone piuttosto scuro conferisce classe e signorilità insieme alle forme classiche con evidenti scelte proprie degli express. L’impugnatura a pistola mostra una sezione corposa e maggiorata nell’andamento curvo verso la coccia: la presa della mano forte risulterà ferma e stabile anche nella ripetizione del colpo stemperando la sensazione del rinculo.
Parimenti funzionale l’appoggia guancia a profilo arrotondato grazie a cui il viso si pone adeguatamente consentendo all’occhio di traguardare le mire con istintiva naturalezza: anche qui curva e spessore del dorso minimizzano il ritorno allo sparo. Ancora un cenno di estetica va rivolto al calciolo in legno riportato, zigrinato con eleganza e fissato con le due classiche viti a spacco fine: non si cede alle pur comode viti parker con intaglio a croce rimanendo degli Armaioli, con la maiuscola, e non dei mobilieri dell’Ikea. Si passa all’astina di cui spicca la sezione ampia e arrotondata, la cosiddetta coda di castoro: considerata inelegante sulle doppiette raffinate qui evidenzia una gradevole soluzione al problema dell’impugnatura e all’eventuale riscaldamento delle canne in una favorevole situazione venatoria in cui i cinghiali cingano d’assedio la posta del fortunato Nembrotte.
Le parti metalliche insite nella calciatura: partiamo dalla stessa asta in cui viene incassato il testa croce con base interna di linea squadrata piuttosto elementare, ma finita a rosette, mentre nel giro di cerniera sporgono le due leve di monta delle batterie; in esterno la leva sagomata del sistema Aoget per lo svincolo dal gruppo canne. L’ovale della guardia, raffinato e funzionale anche per la sua spessa sezione con bordi arrotondati, prosegue lungo la parte anteriore della pistola con ben tre viti di fissaggio, poggiando sulla coccia in acciaio modellato e dotata di sportellino a scatto per conservare il mirino di riserva: tutto di piena soddisfazione secondo le regole tecniche ed estetiche che ci si attende da un simile fucile.
La bascula, le canne e gli scatti
La bascula, ovviamente in acciaio, è dimensionata sulle misure di un calibro 28 a canne lisce realizzando gli opportuni spessori per gestire le prestanti cartucce proposte dal costruttore. L’impianto monta batterie Blitz sul sottoguardia e l’aspetto viene ingentilito dalle cartelle lunghe completamente lisce che danno agio di verificare come siano tirati i piani: sovente le incisioni servono a coprire eventuali finiture affrettate e qui, per contro, il lavoro di politura risulta in piena evidenza. Fra i due seni arrotondati spiccano la base della bindella e la sede della chiave: gradevole il disegno di quest’ultima con l’occhio e il corpo convessi da cui prosegue il pulsante ovale, zigrinato e a bordo inciso. La codetta superiore di bascula mostra un profilo leggermente rastremato: all’apice è inserito il pulsante a slitta della sicura.
Passiamo ora all’interno dove, per apprezzare lo studio particolare di tenute e chiusure, conviene partire dal gruppo canne: a quanto si osserva i due elementi sono giuntati in demibloc e da ogni canna si ricava il proprio semipiano fra cui viene incastrato un blocco prismatico rastremato sede di diverse funzioni. All’interno trovano posto la coppia di martelletti per gli eiettori, i puntoni di monta delle batterie, i gambi degli estrattori con le lunette di presa accomodate nel bordo di culatta delle canne. Si notano poi i due giri di cerniera per la rotazione delle canne che, nella loro porzione inferiore, creano la tenuta puntando contro gli appositi rilievi sporgenti dall’interno della bascula mentre i fianchi del blocco prismatico si inseriscono di precisione nelle pareti inibendo gli scostamenti laterali.
La chiusura è affidata a un largo tassello, mosso dalla chiave, che sporge dalla faccia, sotto ai fori dei percussori racchiusi in grani provvisti dei fori di sfiato. La posizione del tassello in rapporto al punto di applicazione della forza crea un favorevole braccio di leva e le dimensioni della sede di scorrimento garantiscono una lunga durata dell’impianto. L’esemplare che ci è stato affidato camera quella cartuccia che riteniamo una delle migliori soluzioni per un due canne rigate da cinghiale, derivata dalla storica ordinanza tedesca di inizio ‘900, la 8×57 JRS tuttora funzionale e risolutiva con il suo bossolo a collarino, la palla da 8 mm e una carica dal rinculo contenuto e un rassicurante potere d’arresto.
Per terminare l’esame delle canne notiamo la corta bindella da battuta con profonda ombreggiatura ottenuta lavorando con la lima di spigolo e al traverso: all’apice è inserita la tacca di mira con doppia visuale, quindi una U profonda centrale per un eventuale tiro di precisione, e la V molto ampia per quello alla corsa. L’incastro a coda di rondine consente i piccoli spostamenti in deriva. La bassa bindella concava, altra apprezzabile finezza, si rialza in volata formando lo zoccolo con mirino a grano e visuale a cabochon in ottone: anche qui la sede a incastro permette gli scostamenti laterali. L’osservazione della rigatura dal vivo di culatta ha sempre quel fascino speciale dei double barrel rifles mentre in volata si apprezza la finitura accurata dell’egresso delle nervature protetto da un ribasso circolare; fra le canne sporge il tassello servito a distanziare i due assi portando la sovrapposizione dei colpi alla distanza voluta, solitamente intorno ai 75 metri.
Gli scatti sono asserviti a due grilletti, com’è logico che sia in questi fucili, per garantire sempre almeno uno sparo in caso di mancato fuoco di una cartuccia: opportunamente i pesi di sgancio risultano un poco pesanti per il nostro gusto, viziati da carabine sovente con stecher molto leggero, ma in un’arma da battuta questa risulta la soluzione vincente per non far partire inopinatamente un colpo nella frenesia del momento.
Qualche colpo sul campo
Disponiamo di cartucce un poco datate, precisamente delle Fiocchi prodotte quando l’azienda di Lecco aveva sondato il mercato della cartuccia sportiva da canna rigata proponendo vari calibri fra cui proprio l’8×57 JRS dotato di una palla HPC da 196 gr dalla forma molto convincente con puntalino metallico riportato. Innanzitutto notiamo una regolarità notevole allo sparo e il rinculo decisamente modesto: l’unico intoppo è rappresentato, come evidenziato all’inizio del brano, dalla nostra vista. Con ciò siamo determinati a verificare l’arma nelle nostre condizioni, come se ci trovassimo su un’altana, pur considerando che spariamo a un bersaglio fermo.
Arriva comunque un’emozione quando a circa 75 metri un bel capriolo maschio si intrufola nella recinzione attraversando con calma la linea di tiro: ne osserviamo l’elegante incedere fino a che scompare nel folto. Iniziamo i tiri con i primi colpi un poco bassi, ma con maggior attenzione poniamo il grano del mirino nella U senza farlo sporgere come ci viene naturale cercando una maggiore visibilità. Le prime due coppiole vanno nel bordo inferiore del barilotto e la centratura risulta, per noi, un poco spostata a sinistra: solo uno dei quattro colpi ci sfugge finendo leggermente scostato a destra. Bene la coppiola finale, sempre un po’ a sinistra, ma più livellata con il centro: la distanza fra i due fori risulta di 3 cm.
Riconsegniamo l’express all’amico che ci ha permesso questa prova, un esperimento interessante per verificare con piacere e apprezzamento il pregevole lavoro che si svolge nell’atélier della Chapuis.