Da alcune settimane si susseguono le segnalazioni di presenza di fauna selvatica, prevalentemente ungulati, nei centri abitati (immagini diffuse dai media più volte in questi giorni), come anche, purtroppo, quelle inerenti a maggiori e diffusi danneggiamenti alle coltivazioni. Era prevedibile che la minore circolazione di mezzi e di persone avrebbe reso questi selvatici meno diffidenti e più inclini ad avvicinarsi ai centri urbani, ma il fenomeno è ancora più insistente nelle aree rurali, a cui consegue una proliferazione dei danneggiamenti ed è prevedibile che l’eventuale mancato svolgimento delle attività di controllo numerico degli ungulati accrescerà questi effetti.
“In proposito”, afferma il direttore di Confagricoltura Asti, Mariagrazia Baravalle “qua e là in Italia, ci era stato segnalato che alcune Amministrazioni Provinciali e Regionali ritenevano che le attività di controllo della fauna selvatica non fossero configurabili come servizio pubblico o di pubblica utilità e di conseguenza stavano bloccando queste attività ma nel nostro territorio, con soddisfazione, abbiamo rilevato che la Provincia di Asti ha organizzato ed attuato comunque piani di contenimento dei cinghiali”.
A casa Confagricoltura sono rimasti quindi sbigottiti nel leggere del duro attacco che i cacciatori locali, che hanno negato la loro collaborazione all’attuazione dei piani appellandosi al rischio contagio, hanno rivolto a chi ha preso questa decisione. Il commissario di Confagricoltura Asti, Ezio Veggia, rincara la dose: “Il mondo agricolo non si è fermato e, per il bene del Paese, ha continuato a produrre per fornire le derrate alimentari e preservare il territorio, naturalmente con le giuste cautele, mentre il mondo venatorio non ha agito, appellandosi forse in modo speculativo all’emergenza Covid”.
Il rappresentante dell’organizzazione astigiana sventola, ad esempio, la delibera della Regione Emilia Romagna che testualmente recita: “L’attività di piani di controllo è configurabile come servizio pubblico o di pubblica utilità che non è sospeso dal D.P.C.M. del 10 aprile 2020”. “Quello che mi fa più male”, ci tiene ad aggiungere Veggia, “ è il fatto che ci venga detto di non preoccuparci in quanto ci sono i risarcimenti! A parte che spesso non sono sufficienti o sono tardivi, ciò che non è condivisibile è proprio il principio sottostante, in quanto gli agricoltori lavorano la terra per produrre e venderne i frutti ed i rimborsi sono accettabili solo a fronte delle vere ed imprevedibili calamità naturali”. L’organizzazione agricola astigiana, apprezzando dunque l’iniziativa della Provincia di Asti, chiede però ulteriori interventi di contenimento, ancora più incisivi ed in grado di salvaguardare tutto il territorio astigiano colpito da questo flagello.