Dal viaggio in Romania a pubblicità e sponsorizzazioni, dalle spese per ristoranti ai rimborsi chilometrici fino a «regalie per feste e matrimoni». L’ex presidente dell’Ambito territoriale di caccia Perugia 1 e i tre membri del collegio dei revisori dei conti sono stati condannati dalla Corte dei conti a risarcire all’Atc quasi 38 mila euro. Secondo la magistratura contabile si tratta di una serie di spese «non sorrette da adeguata documentazione». Quartilio Ciofini, ex presidente dell’Atc, dovrà rimborsare all’ente 26.486 euro mentre i tre revisori dei conti quasi 3.800 euro ognuno.
Le indagini Secondo le indagini condotte dalla guardia di finanza i fatti si riferiscono al periodo 2008-2013 e riguardano 13 mila euro di rimborsi chilometrici per le guardie volontarie, 3.334 euro per ristorazione e generi alimentari, quasi 6.700 per pubblicità e sponsorizzazioni, più di 8.300 per altri rimborsi a favore di dipendenti e collaboratori, quasi 15 mila per altre spese legate alla ristorazione e 6.762 euro di rimborsi per il presidente. Una vicenda archiviata in sede penale (la Procura di Perugia aveva aperto un fascicolo ipotizzando un «ingiusto profitto» da 744 mila euro) e sfociata poi nel processo contabile; nella sentenza la Corte ribadisce la sussistenza della propria giurisdizione perché, nonostante i finanziamenti di cui gode l’Atc siano di natura mista (pubblici e privati), le spese riguardano l’attività e il funzionamento dell’Ambito e il raggiungimento dei suoi obiettivi collegati a compiti di natura pubblica.
Spese ingiustificate la Corte parla di «procedimenti di spesa del tutto irregolari, in quanto non sostenuti da idonea documentazione giustificativa». A proposito delle cifre corrisposte a favore delle guardie volontarie (25 euro al giorno) la magistratura spiega che si tratta di «liquidazioni disposte con criterio del tutto arbitrario», e «del tutto sfornito di giustificazione si è rivelato il rimborso chilometrico erogato a favore dello stesso presidente». Idem per quanto riguarda le spese legate a cibo, ristorazione, pubblicità e sponsorizzazioni.
Le difese Ciofini, difeso dagli avvocati Nicola Di Mario e Michele Nannarone, ha sostenuto che il diritto al risarcimento è ormai prescritto nonché l’assenza di condotte penalmente rilevanti e il difetto di legittimazione attiva della Procura contabile. Oltre a ciò i legali hanno spiegato che i criteri per il rimborso alle guardie sono stati sempre ritenuti congrui e che la quasi totalità delle spese erano collegate a fini istituzionali. Concetti simili a quelli espressi dalle difese dei tre membri del collegio dei revisori, ai quali la Corte ha addebitato una «pressoché generalizzata omissione» a proposito del controllo delle spese.