Burocrazia, restrizioni con l’alternarsi delle varie zone (gialla, arancione e rossa) e un contesto globale difficile hanno portato in dote in dodici mesi, ovvero nel raffronto tra le stagioni 2019 e 2020, nei 16 mila ettari cacciabili del Comprensorio Alpino delle Prealpi Comasche, 117 abbattimenti in meno alla voce “cervi”. Un dato importante che fa il paio con un altro dato di assoluto rilievo, messo nero su bianco dal presidente del Comprensorio alpino di caccia delle Prealpi Comasche, Livio De Angeli: «Ad oggi sono stati abbattuti 159 capi a fronte di un Piano di abbattimento che ne prevedeva 376. Ne mancherebbero quindi all’appello 217.
Con ragionevole cognizione di causa, posso affermare che almeno altri 150 cervi sarebbero stati abbattuti». Per De Angeli «è un problema per i cacciatori che hanno versato il dovuto (circa 650 euro il complessivo della licenza, ndr), facendo i conti con una caccia “a singhiozzo”, iniziata con 50 giorni di ritardo rispetto al 2019, a fronte del parere negativo di Ispra, parere su cui Regione Lombardia non ha proferito parola contrariamente a quanto avvenuto nel 2019. Ma non è tutto, perché il problema si estende ai territori. Dal nostro punto di osservazione, il fenomeno è in crescita ed è direttamente correlato ai minori abbattimenti.
Senza contare i danni alle coltivazioni ed ai privati. È un problema serio su cui, alla luce anche delle nuove dinamiche imposte dalla pandemia, servono scelte politiche forti. Per questo attraverso anche l’esperienza maturata in questi anni, chiediamo a Regione Lombardia di aprire quest’anno la caccia al cervo il 25 agosto e non a ottobre come avvenuto quest’anno nonché la possibilità di cacciare il cervo a gennaio. Credo che a favore delle nostre proposte ci siano tanti argomenti validi, che vanno dalla sicurezza sulle strade del territorio ai danni causati a chi di agricoltura vive o a chi si vede i giardini presi d’assalto» ha concluso De Angeli (La Provincia di Como).