Il covid ha avuto conseguenze anche sul piano di abbattimento dei cinghiali nel Parco della Spina Verde: dei 125 capi previsti il 2020 ne ha visti solo 33 catturati, ovvero il 26% rispetto alla stima fatta nel piano triennale per la gestione della popolazione degli ungulati. Con il mese di febbraio in Spina Verde è ricominciata la stagione delle catture ovvero si sono riattivate le gabbie trappola e i recinti, ma mentre sino a fine 2019 il numero di abbattimenti era in linea con le previsioni del piano, il 2020 ha visto uno stop dovuto all’impossibilità di azione, come afferma il direttore del parco, Vittorio Terza.
«Nel 2020 ci sono stati 33 abbattimenti – spiega – dei quali 12 nei mesi di gennaio e febbraio prima del lockdown e poi altri 21 tra giugno e settembre, poi siamo ritornati allo stop.. Meno degli altri anni, ma tutto sommato quando ci è stato possibile operare non abbiamo perso un attimo». In totale da aprile 2016 sono stati abbattuti 442 cinghiali in Spina Verde. Il monitoraggio della popolazione degli ungulati avviene attraverso i report redatti da Andrea Pasetti, naturalista e coordinatore scientifico incaricato. In Spina Verde per la cattura dei cinghiali operano le Gev, (guardie ecologiche volontarie).
Sempre nel parco alle porte di Como ci sono 5 gabbie trappola di circa 2 metri quadrati di superficie utile, più 6 recinti di cattura semimobili, composti da reti elettrosaldate, modulari e componibili, e sistema di scatto a ghigliottina, la superficie media di cattura dei recinti è di 20 metri quadrati. «In questi primi giorni in cui abbiamo ricominciato con trappole e recinti abbiamo catturato 4 esemplari – spiega Giorgio Casati, presidente Parco Regionale Spina Verde – abbiamo diversi metodi per catturarli e abbiamo autorizzato gli abbattimenti, effettuati da personale specializzato. La soluzione migliore per la cattura dei cinghiali sono proprio i recinti, si fanno pasturare gli animali che poi arrivano nelle gabbie».
La carne dei cinghiali, dopo le verifiche veterinarie e le analisi di laboratorio, viene venduta. Prima passa da un centro di stoccaggio. Il parco si appoggia ad un centro di lavorazione della selvaggina accreditato presso Ministero e Regione, centro che però è chiuso per le disposizioni sanitarie in vigore, pertanto al momento i cinghiali vanno ad un’azienda azienda agricola di Viggiù. «In questi giorni stiamo chiudendo la progettazione della struttura di stoccaggio temporaneo nella zona industriale di Cavallasca», conclude Casati (La Provincia di Como).