Coltelli da Caccia: Un tuffo nella terra di Sardegna alla scoperta del coltello da caccia sardo, un tempo oggetto d’uso comune oggi divenuto oggetto d’arte particolarmente funzionale.
Un tempo più che oggi era il coltello a fare l’uomo sardo e non esisteva uomo che non ne possedesse uno qualunque fosse la sua occupazione: il tipico coltello isolano rappresentava uno status per il contadino, ma soprattutto per il pastore e naturalmente per il cacciatore. Le abitudini ancora oggi non sono cambiate poi così tanto, e di uomini che vivono in simbiosi con il proprio coltello, sia esso da lavoro o da caccia, se ne trovano sull’isola ancora numerosi.
Odiernamente la produzione di coltelli tipici, ad opera di artigiani professionisti, è un’arte preziosa e in via di estinzione, per quanto la richiesta del prodotto, vista la sua qualità e la sua precisione, stia iniziando a farsi sentire specie da parte di chi l’isola la visita durante le vacanze: non solo i coltelli sardi sono resistenti ed efficienti, ma il più delle volte si presentano come delle vere e proprie opere d’arte.
Comunemente noto come “resorza” o “arresoja”, il coltello sardo in base alla località nella quale viene prodotto prende forme e nomi completamente differenti, per quanto in comune ha diversi elementi: tanto per cominciare il manico è quasi sempre di corno di vario tipo e di vario colore e la lama, specie nei prodotti di alta qualità, è forgiata esclusivamente a mano. Le dimensioni dell’attrezzo variano dai 9 ai 13 centimetri circa ma le più notevoli differenze possono riscontrarsi in merito alla forma e ai nomi.
Coltelli Sardi: I materiali
Quando il coltello sardo da oggetto di uso comune ha iniziato a coprire anche il ruolo di oggetto d’arte non solo le tecniche produttive si sono affinate (le strumentazioni moderne hanno consentito una migliore lavorazione dei materiali) ma anche gli stessi materiali di costruzione hanno conosciuto un netto miglioramento, divenendo in pochi anni ben più preziosi rispetto al passato. Oggi il manico è comunemente prodotto grazie al corno di muflone, montone sardo o cervo che garantiscono favolose colorazioni, corno di bufalo per impugnature scure; non di rado le impugnature sono prodotte in madreperla e dotate di anelli in oro o argento. Per i coltelli a lama fissa si opta non di rado per il corno di orice ma anche il legno è un materiale da non sottovalutare: comunemente si sceglie l’ebano, ma soprattutto per il ginepro rosa chiaro caratterizzato dal suo inconfondibile profumo.
La lama è tipicamente in acciaio damascato. Spesso i coltellinai sardi utilizzano l’acciaio inox, difficile da lavorare e da affilare ma che mette in mostra un grande vantaggio: quello di ossidarsi molto difficilmente e di mantenere il filo per diverso tempo; si tratta di aspetti ben ricercati dai cacciatori che il coltello lo acquistano non solo in quanto opera d’arte, ma anche e soprattutto come strumento di lavoro.
Coltelli Sardi: Luoghi di produzione e tipi
I centri nei quali il coltello viene tradizionalmente forgiato sono davvero numerosi: bellissimi quelli di Pattada, Desulo, Dorgali, Gavoi, Arbus e Guspini.
Ad Arbus, sede di un meraviglioso museo interamente dedicato al coltello, è tradizionalmente prodotta l’arburesa, il tipico coltello con lama pieghevole. La sua forma panciuta e a foglia larga lo rende inconfondibile e viene considerato uno dei migliori coltelli per la pratica venatoria visto che consente, se ben affilato e di qualità, ottime scuoiature.
Sa Pattadese è invece il tipico coltello di Pattada che può essere ammirato durante la mostra del coltello che si tiene ogni due anni nel piccolo centro della Sardegna centro settentrionale. Nel 2011 si è giunti alla IX edizione della Biennale del Coltello e la prossima manifestazione è attesa per questa estate.
Sa guspinesa è il terzo fra i coltelli sardi più noti e più richiesti. Il coltello è tipicamente senza punta vista l’antica legge reggia varata nel 1908 che determinava lunghezza e tipologie delle lame consentite per uso personale. Nello specifico le lame senza punta potevano raggiungere anche i 10 centimetri di lunghezza, mentre quelle con punta non potevano superare i 4 centimetri. Il coltello spesso utilizzato per mangiare fu usato anche dai soldati della Brigata Sassari durante la Prima Guerra Mondiale.
Particolarmente apprezzata anche sa leppa, il coltello lungo a lama fissa spesso intarsiata e incastonata i preziosi manici di legno.
Infine dobbiamo almeno citare sa corrina, l’antichissimi antenato della pattadese, con manico in corno di capra o montone, simile all’attuale pattadese ma a lama fissa, la lametta di Tempio Pausania utilizzato specialmente per la lavorazione del sughero e su brottsu piegato all’araba.
Utilizzi del coltello sardo
A tutt’oggi in Sardegna non esiste un pastore o un cacciatore che non abbia con se un tipico coltello sardo a serramanico. L’utensile da taglio è indispensabile durante diverse fasi del lavoro: lo scanno e lo scuoio non potrebbero avvenire senza la presenza di un buon coltello da lavoro che spesso si dimostra utile per la cura di animali feriti o durante i lunghi tempi di attesa, per la fabbricazione di piccoli oggetti di decoro: un tempo pastori e cacciatori erano in gradi, con l’uso del proprio coltello di creare flauti, launeddas, giochi in canna e piccoli utensili per la casa.