Dopo la richiesta esplicita in Basilicata, anche in Umbria si chiede a gran voce di intensificare la caccia al cinghiale. Nel caso lucano è stata la CIA a farsi avanti, nella regione centrale invece la Coldiretti ha diffuso una nota ufficiale per chiedere di prorogare il termine dell’attività venatoria, visto che è ormai prossima alla chiusura. Inoltre, l’associazione agricola ha chiesto di programmare in tempi rapidi degli interventi efficaci di gestione e controllo nelle aree protette di competenza.
Albano Agabiti, numero uno della sezione umbra, ha inviato una lettera a Fernanda Cecchini, assessore regionale all’Agricoltura, per far presente il problema. In particolare, il proliferare incontrollato degli ungulati è destinato ad aumentare con lo stop alla caccia, a tutto svantaggio di raccolti e semine. L’invasione crea milioni di euro di danni al settore, ma è un problema di tutta la collettività, come ben dimostrato dai numerosi incidenti stradali.
Anche Luca Panichi e Massimo Manni, presidenti delle sezioni di Perugia e Terni della stessa Coldiretti, hanno ribadito l’urgenza di una gestione più efficace. I numeri sono eloquenti. Come sottolineato dall’associazione, da undici anni a questa parte i cinghiali sono raddoppiati in Italia, passando da 600mila esemplari (nel 2005) a ben un milione. Per quel che riguarda l’Umbria, poi, sono quasi triplicati. Il rischio principale in questo caso è il progressivo abbandono della campagne e delle zone montane.