Giorno per giorno, continua ad aggravarsi il bollettino dei danni da selvatici: dalla Valsassina all’Alto Lago, dalla Val d’Intelvi e Val Menaggio si susseguono le invasioni di cinghiali e selvatici che, per l’intera annata, hanno rovinato i raccolti e tolto il sonno ai produttori. E, come se non bastasse, talvolta al danno si unisce la beffa: come nel caso di un’allevatrice della provincia di Lecco che attende ormai da oltre tre mesi la stima dei danni subiti. Un caso-limite che ci porta indietro “agli inizi di luglio, inizio della fienagione dopo settimane di maltempo. Proprio in quei giorni, i miei prati subirono le prime invasioni, cui è seguita la mia domanda per accertamento danni datata 3 luglio” racconta Valentina Meoli, allevatrice a Campofiasco di Vendrogno. “Essendo pronta la coltura, entro sette giorni avrei dovuto ricevere informazioni sulla visita degli ispettori.
Nessuna risposta, né a quella, né alle successive istanze. Il fieno, ovviamente, alla fine l’ho tagliato ma aspetto ancora. La produzione della mia azienda è crollata: dalle 1.800 balle di fieno a 600, un terzo: il maltempo, certamente, ci ha messo del suo, ma i cinghiali mi hanno impedito di fare quattro bei tagli… invece ne abbiamo fatti tre solo nei prati pianeggianti e addirittura uno soltanto in quelli in altura. A livello economico, si tratta di migliaia di euro di danni”. Non si tratta del solo conto economico: “La scorsa estate i cinghiali me li sono trovati fuori dalla porta di casa, solo la presenza dei cani li ha allontanati. Abbiamo paura, qui non si tratta di difendere solo il nostro diritto di lavorare, ma di vivere in queste zone invase”.
“E’ la dimostrazione che non si tratta più di un problema di natura agricola, ma di sicurezza” commenta Emanuele Bezzi, segretario di zona della Coldiretti lecchese. “Un allarme peraltro riconosciuto dalla Prefettura di Lecco, che aveva convocato nelle scorse settimane una riunione coi sindaci. Aspettiamo un nuovo incontro che dovrebbe ora stabilire le azioni da attivare”. L’allarme, intanto, potrebbe avere una nuova, ulteriore recrudescenza “anche a fronte della grande produzione di castagne dei nostri boschi: attratti dai frutti, c’è il pericolo che i cinghiali continuino ad invadere, ancor più di prima, le aree abitate sul limitare dei boschi, comprese le strade che li attraversano. Si tratta di un’abbondanza di cibo che, peraltro, potrà comportare una maggior prolificazione di queste bestie, aumentando ulteriormente un problema già fuori controllo”. Per Coldiretti Como Lecco “si è davvero passato ogni limite del reale”.
Lo ribadiscono Fortunato Trezzi, presidente interprovinciale, insieme a Roberto Magni, vicepresidente e vertice dei coltivatori diretti lecchesi: “Cinghiali che passeggiano tranquillamente nelle nostre città nelle prime ore del mattino, come avvenuto a Como; selvatici che invadono persino i cimiteri, mangiando i fiori destinati ai nostri cari. Leggendo la cronaca delle ultime settimane c’è da restare increduli… invece è tutto vero e documentato. Come detto, siamo di fronte a un vero allarme sociale e di sicurezza, oltreché economico per quanto riguarda le imprese, che continuano a essere invase da un capo all’altro delle due province. I danni provocati nelle due province lo scorso anno sono stati pari a 350 mila euro, nel 2019 sicuramente saranno molti di più. Le imprese agricole sono esasperate e hanno ragione: i cittadini e gli automobilisti hanno paura: oggi, un poco piacevole “incontro ravvicinato” con un cinghiale non è più un’ipotesi remota nemmeno entro i confini urbani delle nostre città… perché, appunto, è già successo e potrebbe accadere nuovamente da un momento all’altro”.