“No a misure tampone così come annunciate e che volutamente si vuole far credere rassicuranti e risolutive dei problemi. Dette misure non hanno assolutamente risolto l’eccessiva ed invasiva presenza dei cinghiali, causa di tanti danni alle coltivazioni, alla salvaguardia sanitaria degli allevamenti zootecnici e alla sicurezza ed incolumità dei cittadini, ledendo tra l’altro, il diritto degli agricoltori a coltivare i campi. Occorre da parte della Regione una azione decisa e mirata per evitare il definitivo abbandono delle attività agricole da parte di molti agricoltori». Lo chiede a gran voce la Coldiretti Calabria da quasi cinque anni.
Sono state messe in piedi – denunciano Franco Aceto e Francesco Cosentini, presidente e direttore di Coldiretti Calabria – misure una tantum che non hanno inciso in modo strutturale alla definizione dell’emergenza che ha avuto un peggioramento. Certo – continuano – non si chiede la misura “cinghiali zero” che non è possibile da realizzare, ma pericoli e danni zero si può e si deve fare”. Coldiretti chiede di mettere mani alle norme regionali che risalgono a ventidue anni fa e che erano state pensate per la tutela e protezione della fauna selvatica, al fine della ricostituzione del patrimonio faunistico e che oggi evidentemente si sono dimostrate non più idonee.
Occorre per Coldiretti ridefinire le aree vocate e non vocate al cinghiale servendosi dei dati Arcea e quindi liberare le aree non vocate che sono poi quelle agricole autorizzando ed incentivando i piani di controllo e abbattimento, non solo allungando eventualmente il periodo di caccia con la rotazione delle squadre dei cacciatori ma autorizzando anche azioni che possono mettere in campo gli stessi agricoltori (nel rispetto delle leggi e norme vigenti). “E’ necessario fare passi avanti importanti – concludono presidente e direttore di Coldiretti– per assicurare la giusta tutela del lavoro di chi si guadagna da vivere in campagna e la sicurezza delle persone”.