La sentenza n°. 160/2020 della Corte Costituzionale boccia il ricorso del Tar delle Marche contro la legge regionale che autorizza gli agricoltori muniti di licenza di caccia a partecipare all’abbattimento dei cinghiali all’interno delle proprie aziende. Si lamentava che, tra le altre cose, l’estensione ai proprietari dei fondi della possibilità di prendere parte all’attività di selezione prevista di fatto incostituzionale. Una tesi – illustra Franco Aceto presidente di Coldiretti Calabria – che il “Giudice delle Leggi” ha ora respinto, aprendo di fatto la possibilità per tutte le Regioni di seguire l’esempio delle Marche. Un’opportunità importante per porre un freno a un fenomeno, quello della proliferazione degli animali selvatici, che sta devastando anche le nostre campagne.
La regione Marche, rispetto al piano regionale di controllo dei cinghiali, aveva autorizzato gli agricoltori proprietari o conduttori dei fondi vita natural durante a poter abbattere i cinghiali, con evidenti effetti anche sugli altri selvatici che adesso diventeranno abbattibili dagli stessi agricoltori o selecontrollori”. Davanti ad una sempre maggiore presenza dei cinghiali, che come Coldiretti più volte abbiamo segnalato e che ha causato anche notevoli difficoltà e incidenti anche nelle aree non rurali, adesso c’è quindi la concreta possibilità che la Giunta Regionale, completi il passaggio fondamentale che autorizza gli agricoltori ad intervenire direttamente sui propri fondi per difendersi dai cinghiali e dai selvatici.
Questo – prosegue Aceto – significa riconoscere agli agricoltori di difendere il patrimonio agroalimentare e zootecnico conservato nel tempo con un impegno quotidiano per assicurare la salvaguardia delle colture agricole storiche, la tutela del territorio dal dissesto idrogeologico e il mantenimento delle tradizioni alimentari, un tesoro messo a rischio dall’avanzata dei cinghiali che sempre più spesso si sono spinti fin dentro i cortili e sugli usci delle case, scorrazzando per le vie dei paesi o sui campi, nelle stalle e nelle aziende agricole”.
L’invasione dei cinghiali – aggiunge Coldiretti – ha causato danni notevoli alle aziende costringendole spesso a lasciare i terreni incolti, stravolgendo l’assetto produttivo delle zone con il rischio che venga meno la presenza degli agricoltori, soprattutto nelle zone interne, e con essa quella costante opera di manutenzione che garantisce la tutela dal dissesto idrogeologico. La proliferazione senza freni dei cinghiali sta mettendo anche a rischio l’equilibrio ambientale di vasti ecosistemi territoriali. Studi ed esperienze relative all’elevata densità dei cinghiali in aree di elevato pregio naturalistico hanno mostrato notevoli criticità – conclude Coldiretti – in particolare per quanto riguarda il rapporto tra crescita della popolazione dei selvatici e vegetazione forestale.