Può sembrare bizzarro per un giornale prestigioso e storico, ma il New York Times si è occupato negli ultimi giorni dei cinghiali toscani. Qual è stato il motivo? Il titolo del pezzo è emblematico: “I cinghiali fanno festa nei vigneti del Chianti”. Si può intuire l’argomento trattato, in effetti il quotidiano americano ha voluto approfondire le invasioni distruttive e brutali degli ungulati che stanno danneggiando un settore importante come quello vitivinicolo. Come spiegato nell’articolo, la popolazione di cinghiali in Toscana è quattro volte superiore rispetto a quella di tutte le altre regioni italiane e per trovare un numero che si avvicini bisogna andare oltre confine, per la precisione in alcune zone dell’Austria.
Il danno economico è stato quantificato tra gli 11 e i 16 milioni di dollari l’anno (tra i 10 e i 14 milioni di euro al cambio) in termini di raccolti andati perduti. Inoltre, il New York Times ha evidenziato il problema della costruzione e del mantenimento dei recinti, una soluzione che è apparsa subito controversa perché rovinerebbe la bellezza della campagna toscana. I produttori di vini del Chianti sono stati intervistati e hanno espresso le loro preoccupazioni, in particolare quella relativa al fatto che i prodotti finali non sono quelli desiderati.
Non manca un accenno alla recente legge regionale che permette di ridurre in modo drastico il numero di cinghiali selvatici per i prossimi tre anni: il totale degli animali passerebbe così da oltre 400mila a 150mila, meno della metà. In aggiunta, si è deciso di prolungare la stagione venatoria per frenare le invasioni e mettere al sicuro le colture del settore agricolo locale. Tutte queste vicende sono ben note in Italia, il fatto che un quotidiano tra i più famosi al mondo e che esiste dal 1851 se ne occupi significa che il problema non va sottovalutato e colpisce l’attenzione anche all’estero.
Proseguendo la lettura del pezzo, ci si accorge delle discussioni che sono state innescate dalla legge appena ricordata. In effetti, è necessario mettere d’accordo cacciatori, agricoltori e ambientalisti, uno scenario semplice soltanto a parole. Ci sono poi dei limiti da rispettare: il testo, ad esempio, consente di abbattere solamente i cinghiali selvatici di una certa età e con procedure regolamentate rigidamente. Il New York Times ha spiegato che i cacciatori sfrutteranno come di consueto i cani per questo tipo di prelievo venatorio e che non saranno scoraggiati dal lasciare esche alimentari per attirare le prede, una pratica che è però considerata responsabile del boom della popolazione di ungulati.