Dopo il ricorso al Tar dell’Umbria presentato da Legambiente cambia il regolamento regionale relativo alla «Gestione del prelievo venatorio degli ungulati tramite caccia di selezione». Nei giorni scorsi la giunta regionale ha deciso di eliminare uno dei passaggi incriminati, ovvero il comma 1 dell’articolo 6 tramite il quale si dava la possibilità di recuperare i capi feriti anche «all’interno di aree protette o a gestione privata o poste in divieto di caccia». Ecco il testo dell’ordinanza: “Il provvedimento Con un’ordinanza i giudici amministrativi l’8 luglio scorso avevano disposto la sospensiva, rinviando la discussione nel merito all’8 febbraio.
«Il collegio – scriveva il Tar – ritiene sussistenti sufficienti profili di fumus boni iuris ai fini della concessione dell’invocata tutela cautelare, non apparendo infondate le doglianze relative al contrasto degli atti impugnati con le norme di legislazione primaria statale di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema richiamate dall’associazione ricorrente». Legambiente nel ricorso aveva chiesto l’annullamento anche di un comma del disciplinare per la caccia e il recupero degli ungulati negli Atc, ovvero quello che riguarda il «foraggiamento del cinghiale per fini attrattivi su punti di sparo».
Oltre a ciò l’associazione ambientalista ha puntato il dito anche contro l’articolo 15 dello stesso documento, secondo il quale «il conduttore di cane da traccia durante le operazioni di recupero può, in caso di necessità, operare anche al di fuori del distretto di gestione o all’interno di aree protette o a gestione privata o poste in divieto di caccia, anche nei giorni di silenzio venatorio (martedì e venerdì)».