Un’assicurazione per coprire i danni provocati da eventuali incidenti e l’istituzione di una figura specifica, una sorta di ‘ranger’ o ‘guardacaccia’, che supporti la polizia contro la «crescita incontrollata della popolazione della fauna selvatica, in particolare dei cinghiali». Immortalati ovunque, a spasso in strada nei centri urbani o a frugare tra i rifiuti, i cinghiali ora non sono più solo i protagonisti dell’ironia social, ma «una vera e propria emergenza in tutto il Paese». L’allarme arriva dalle Regioni, che in un documento consegnato alla Commissione Agricoltura della Camera lanciano una serie di interventi necessari per far fronte agli «ingenti danni» per le piantagioni, «l’aumento degli incidenti stradali con esiti a volte fatali e rischi di carattere igienico-sanitario» provocati dai cosiddetti ‘ungulati’.
La questione è così urgente da richiedere, secondo la Conferenza dei governatori e delle province autonome, l’istituzione di un apposito comitato tecnico nazionale sul tema e indennizzi al 100% dei danni provocati da fauna protetta, ma anche l’introduzione di specifiche figure di supporto alla polizia provinciale nell’attuazione dei piani di controllo e la possibilità di prevedere una copertura assicurativa in caso di danni provocati da questi animali. «È urgente definire adeguati strumenti di intervento – spiega Cristiano Corazzari, assessore del Veneto, in rappresentanza della Commissione politiche agricole delle Regioni – perché il quadro normativo nazionale è superato e deficitario. Bisogna consentire un effettivo ripristino degli equilibri ambientali, sostanzialmente compromessa».
L’allarme arriva soprattutto dal Nord: la banca dati dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) registra ad oggi oltre 2,5 milioni di cinghiali in Italia, con un particolare incremento proprio nelle aree settentrionali e soltanto in Veneto sono circa 200 all’anno le segnalazioni di danni. «Bisogna dare la possibilità alle regioni di dotarsi di un corpo di polizia provinciale adeguato, che di fatto dopo l’introduzione della legge Delrio non esiste più», spiega Corazzari.
Da qui l’idea di «ampliare la platea di soggetti coinvolti nei ‘piani di controllo’, (a cui, secondo le richieste, dovrebbe essere fatto ricorso anche per motivi di »pubblica incolumità«) con la figura del ‘coadiutorè, adeguatamente addestrato e ingaggiato dopo un esame pubblico. Una sorta di guardacaccia a cui si affiancherebbero le polizie locali, i carabinieri forestali e dipendenti delle amministrazioni provinciali e regionali muniti di licenza alla caccia.