Con il gasolio agricolo a 1,40 euro, e anche di più, non conviene neanche accendere il trattore. E se le conseguenze della guerra in Ucraina, con l’aumento alle stelle del costo delle materie prime, o la mancanza di altre produzioni agricole per l’alimentazione animale e per il cibo, impongono di produrre di più – mais o grano –, resta irrisolto il problema dei cinghiali e degli animali selvatici che distruggono le coltivazioni. Il tema crisi e le conseguenze della guerra in Ucraina, al centro dell’incontro del comitato esecutivo di Cia Toscana Centro, che si è svolto alla sede Cia di Borgo San Lorenzo (Fi).
I costi di produzione e delle materie prime erano già molto alti prima dell’inizio del conflitto, sono schizzati ulteriormente dopo l’invasione militare della Russia in Ucraina. Basti pensare che rispetto ad un anno fa il prezzo dei fertilizzanti è cresciuto in maniera esponenziale: urea a +121%, +138% nitrato ammonico, +112% cloruro di potassio (fonte BMTI). Il caro gasolio e le materie prime hanno aggravato lo stato di salute del settore. “L’annoso problema dei danni da animali selvatici – sottolinea Sandro Orlandini, presidente Cia Toscana Centro – è sempre più centrale e avvertito dagli agricoltori del nostro territorio (Firenze, Prato e Pistoia), tanto più se con le conseguenze della guerra sarà necessario aumentare le coltivazioni e le produzioni di cereali e di altre materie prime per la mangimistica ed alimentazione animale.
Nel Mugello in particolare il numero degli ungulati è diventato insostenibile. Recintare 6 ettari di terreno costa ad un’azienda solo per la gestione 3 mila euro all’anno, tanto per dare una dimensione di costo”. La specie più dannosa risulta essere sempre il cinghiale – evidenzia Cia Toscana Centro -, ma anche altri ungulati (cervi, daini e caprioli) generano ingenti perdite alle produzioni agricole così come risultano in aumento le predazioni da parte del lupo.
“Così all’agricoltura è richiesto uno sforzo in senso produttivo – precisa Orlandini -, si moltiplicano le difficoltà originate soprattutto dall’aumento dei costi di produzione. Lo scenario internazionale che ha determinato sensibili aumenti dei costi energetici ha evidenziato anche l’incremento dei mezzi tecnici, carburante, concimi e fitofarmaci in primis. In queste condizioni le attese economiche appaiono più che mai dubbie al punto che non coltivare potrebbe essere la scelta di molte imprese”.