Due mesi di stop dell’attività venatoria e degli abbattimenti controllati, causa emergenza Covid. Il risultato è un aumento del numero dei cinghiali, liberi di danneggiare terreni e colture nelle aree rurali, ma anche di passeggiare indisturbati in strade e luoghi urbani, aumentando il rischio di incidenti con l’avvio della Fase 2. Agricoltori già devastati dall’emergenza sanitaria ed economica in corso, costretti a rimanere inermi, per due mesi, davanti agli attacchi di una fauna selvatica fuori da ogni controllo, oggi più che mai. Le segnalazioni dei nostri imprenditori agricoli sono arrivate anche agli Atc (Ambiti Territoriali di Caccia) che per legge sono i primi a dover intervenire in caso di attacco, ma che in questo momento, hanno dovuto incrociare le braccia e aspettare. Adesso, dopo l’allarme alla Regione, finalmente la situazione è stata sbloccata.
Si può tornare ad intervenire in caso di attacchi di cinghiali e da altri animali selvatici alle coltivazioni agricole. Attraverso una mail certificata all’Atc1, la Regione dopo un incontro tra l’Ass. Roberto Morroni e il Prefetto di Perugia Claudio Sgaraglia ha dato il via libera, definendo i criteri per riprendere “gli interventi urgenti di controllo del cinghiale, in caso di richiesta degli agricoltori”, rispettando però tutte le normative igienico-sanitarie vigenti per limitare al massimo il rischio contagio da Coronavirus. L’agricoltore può intervenire anche direttamente, se munito di licenza di caccia, trascorse 4 ore dalla richiesta di intervento all’Atc di competenza.
Nelle ultime settimane Cia Umbria ha ricevuto tantissime segnalazioni, in cui si documentano i danni subiti. Tra le zone maggiormente colpite dai cinghiali c’è il Lago Trasimeno: a Casamaggiore (frazione di Castiglione del Lago), gli ungulati hanno fatto incetta dei germogli nei campi seminati a mais. Altre aziende registrano danni alle coltivazioni di fagiolina, ceci e altri ortaggi, specie nella zona di Tuoro dove l’orzo è ora allettato dopo il passaggio devastante dei cinghiali. Tra Umbertide e Gubbio, inoltre, gli uliveti di alcune aziende sono state danneggiate dal passaggio dei caprioli. “Non chiediamo, – afferma Matteo Bartolini, presidente Cia Umbria, – contrariamente a quanto pensano gli animalisti, lo sterminio dei cinghiali ma un giusto equilibrio tra chi da sempre è vissuto in queste aree avendo la possibilità di lavorare e produrre cibo, e gli animali.
Oggi questo equilibrio è totalmente saltato e non solo a causa dei cinghiali. Anche i caprioli, che si alimentano dei germogli delle coltivazioni arboree, sono un problema. Auspichiamo che ci venga garantita la possibilità di intervenire e la salvaguardia del nostro lavoro, soprattutto in questa fase di emergenza in cui la produzione di cibo gioca un ruolo fondamentale. Allo stesso tempo, – conclude Bartolini – sollecitiamo la Regione affinché si possa creare presto una filiera della carne di cinghiale da vendere nei ristoranti, agriturismi o nelle macellerie dell’Umbria, evitando di acquistarlo dalle regioni limitrofe o, come accade spesso, dall’estero”.