Non più tardi del mese di novembre 2020, come Cia-Agricoltori Italiani Calabria, siamo intervenuti ancora una volta con un comunicato, in tempo di pandemia, che richiamava l’attenzione dell’opinione pubblica e delle Istituzioni circa i danni consistenti e continui che gli agricoltori, esasperati, sono costretti a subire a causa del proliferare senza freni della fauna selvatica e in particolare modo dei cinghiali, in quasi tutte le aree del territorio rurale calabrese e non solo. Dal Pollino allo Stretto di Messina arrivano le segnalazioni da parte di agricoltori, Sindaci, semplici cittadini e dai nostri rappresentanti negli Ambiti Territoriali di Caccia che con una rabbia disarmante stanno assistendo alla distruzione quotidiana delle colture e di tutto quello che si pianta nel terreno, anche per produzione amatoriale per la propria famiglia compresa la fauna che nidifica terra.
L’agricoltura calabrese è soggetta alle incursioni notturne con la distruzione delle colture da parte di questi ungulati, animali non autoctoni che sono stati immessi a suo tempo per il solo scopo venatorio, aventi dimensioni e prolificità elevate. Ciò è avvenuto senza alcun controllo anche in territori dove il cinghiale non è mai esistito, con una gestione assente o totalmente inefficace. Ancora una volta abbiamo rappresentato in sede di Consulta Faunistica Venatoria Regionale, attraverso i nostri rappresentanti, quanto già emerso nel continuo dibattito alimentato dentro i nostri organismi statutari, una situazione di malessere non più sopportabile e che sfocia in continue, comprensibili e condivisibili proteste da parte di intere comunità di abitanti e agricoltori della Calabria.
In particolare, è stato ribadito che come Cia-Agricoltori Italiani, continua ad essere fondamentale la modifica della legge nazionale 157/92 -a tal proposito è stato ricordato che si è presentata nel 2019 una proposta di modifica che allo stato non ha ancora registrato discussione in sede parlamentare- perché obsoleta, in quanto oggi è necessario oltre che proteggere le specie animali in via di estinzione anche gestire il numero di quelle che invece proliferano oltre misura, attraverso “piani di cattura ed abbattimento”. La nostra Organizzazione, continua ad essere impegnata e determinata, perché il nuovo ministro dell’ambiente salvaguardi tutto l’ambiente, anche quello antropizzato, ricercando il giusto equilibrio tra l’esigenza di tutelare la fauna selvatica e garantire la presenza delle attività umane sui territori.
Ma sulla problematica dei cinghiali, è stato ribadito con forza in quella sede, che in Calabria siamo in stato avanzato di emergenza e i danni non hanno solo rilevanza economica, sociale e ambientale ma anche sanitaria, per i pericolosi focolai di malattie trasmissibili agli altri animali e agli umani di cui sono portatori specialmente i cinghiali. Premesso che non riteniamo la caccia, in quanto pratica sportiva, la soluzione del problema e come per tutte le emergenze è necessario intervenire immediatamente con provvedimenti straordinari che vadano anche al di là dell’attuale normativa, essendo evidente a tutti che gli attuali sistemi di caccia praticati ed il piano di selezione cinghiale non stanno producendo risultati.
Superando il palliativo della pratica della “selezione”, urge mettere in campo, tra l’altro, un piano di contenimento con abbattimenti massicci su tutto il territorio regionale in particolare nelle aree agricole e non vocate a questa specie invasiva, autorizzando gli agricoltori muniti di porto di fucile e licenza di caccia all’abbattimento nei propri fondi, cosa ben diversa dai corsi di selettore per proprietari e conduttori di fondi che la Regione sta mettendo in campo e che servono per la caccia di selezione dove il selettore ha l’obbligo di usare la carabina con ottica di precisione che ha costi di una certa rilevanza; come dire “dal danno alla beffa!!” In vigenza delle attuali norme e di ciò che è consentito fare, la nostra proposta è di dividere il territorio degli ATC (Ambiti Territoriali di Caccia) in distretti ed all’interno di questi distretti applicare la turnazione annuale delle squadre; turnazione o rotazione che oltretutto si chiede da anni, mai accolta e su cui continueremo a confrontarci col mondo venatorio.
Se oggi siamo costretti a parlare di emergenza significa che la gestione ed il sistema di caccia finora attuati sono stati inefficaci, hanno fallito! quindi bisogna avere il coraggio di apportare delle sostanziali modifiche all’attuale sistema di caccia, tali misure potrebbero risultare impopolari ad alcuni, ma riteniamo che il cibo e l’incolumità fisica delle persone siano sempre un gradino più in alto! Pertanto è giunta l’ora di intervenire, poiché la situazione ormai è sfuggita di mano. E’ necessario costituire una Banca Dati Regionale, per seguire costantemente il numero di animali selvatici presenti sull’intero territorio diviso per specie, per conoscere il numero degli abbattimenti di tutta la fauna, per avere contezza dei danni che la stessa provoca territorio per territorio, a disposizione per consentire di assumere decisioni avendo a disposizione tutte le informazioni possibili.
Il rinvio delle elezioni a ottobre favorisce la ripresa di una proposta in avvio di discussione in Consiglio Regionale nella precedente legislatura di modifica della legge regionale sulla fauna, perché essa fornisca l’utilizzo di strumenti innovativi e possibili di gestione della fauna stessa, e di questo siamo compiaciuti ma si è chiesto con forza, questa volta, di coinvolgere le Organizzazioni Professionali Agricole che tanto potranno dare in termini di contributo di idee e di conoscenza dell’ambiente rurale anche nella elaborazione e stesura dei Piani Faunistici provinciali e regionale. Così come ci si è dichiarati favorevoli alla costituzione dell’Osservatorio Faunistico Venatorio per potere favorire decisioni anche oltre i pareri dell’ISPRA. Interventi vanno predisposti con urgenza anche nei Parchi e nelle Aree Protette dove vige il divieto di caccia, aree che diventano rifugi per gli ungulati, non è un caso che le zone più colpite dai danni risultano quelle in prossimità ed all’interno dei Parchi e delle Aree Protette.
Non è ancora chiaro e risaputo qual è la destinazione della carne degli animali abbattuti, anche in termini di quantità, se ci sono abbattimenti che sfuggono al controllo sanitario e soprattutto se questa carne alimenta un mercato illegale e parallelo, magari con presenza di pietanze a base di carne di cinghiale nei menù dei ristoranti, considerato che allevare cinghiali è vietato e che l’articolo 1 della citata legge 157/92 testualmente dispone: “La fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato”. E’ arrivato, dunque, il tempo di assumere provvedimenti urgenti ed inderogabili, chiamando alla responsabilità la politica, le Istituzioni e le parti sociali, perché si dia ascolto al grido d’allarme degli agricoltori calabresi, passando dalle parole ai fatti, agendo senza indugio nella predisposizione di un Piano di Contenimento e di Controllo dei cinghiali; sono troppi e oltretutto di specie non autoctone, molto proliferi e voraci e costituiscono un pericolo anche per i cittadini delle aree urbane dei nostri paesi e delle nostre città.