Il buonsenso e la lettura equilibrata di alcuni fatti e circostanze spesso si smarrisce, lasciando al cittadino solamente la strada dei tribunali e della giustizia come unica da percorrere per dimostrare la verità dei fatti e per riaffermare la correttezza dei propri comportamenti. E’ il caso della recente sentenza della Corte di Cassazione III sezione penale, riguardante un presunto reato di maltrattamento, contestato ad un cacciatore che aveva messo al collo del proprio cane da caccia, un collare elettrico, anche se non utilizzato. Una sentenza che ribalta un precedente pronunciamento del Tribunale di Siena che aveva condannato il cacciatore stesso. La Corte, con le proprie motivazioni, ha stabilito che non va incontro ad una condanna penale chi mette un collare elettrico al proprio cane, se non vi sono segni di sofferenza provocata all’animale. Gli avvocati della difesa Ridolfi e Betti, hanno espresso soddisfazione per il pronunciamento, in quanto la Suprema Corte ha accolto le tesi della difesa.
In particolare, è stato tenuta in debita considerazione da parte dei giudici la tesi che il cane non presentava “segni di lesioni sul collo”, godeva di ottima salute e che l’eventuale condotta vietata, non riguardava la mera apposizione sull’animale del collare elettrico, quanto il suo utilizzo nella misura in cui esso provochi “gravi sofferenze”. Una sentenza quindi destinata a fare “scuola” e che apre un approccio nuovo su questa complicata, quanto delicata materia. I nostri migliori complimenti vanno agli Avvocati Ridolfi e Betti, noti professionisti in più casi impegnati sui tanti problemi e contenziosi riguardanti il mondo venatorio (Confederazione Cacciatori Toscani).